Un corto piacevole, che non si affida ai richiami dello stile ma si affida ad una regia e ad una fotografia limpide e semplici, efficaci, al servizio della storia. L’ambientazione è semplice ma efficace, ci sono dei bei momenti, i protagonisti si impegnano davvero molto ( grande coinvolgimento!) e il prodotto non è raffinato ma comunque curato.
Una serie A della serie B, potrei dire. Peccato che, come spesso succede, arriva qualche difettuccio a complicare la trama.
Se ho capito bene la storia, (attenzione, SPOILER) essa racconta di due amiche che vanno in un bosco a far foto per un concorso, ma una di loro, quella che appare la più spaventata all’idea di stare lì, è in realtà una pazza maniaca che, forse per lo stress dato dal fatto di stare lì (o forse la sua intenzione era proprio quella di attirare in trappola la sua amica?) , uccide la compagna. La scissione della sua personalità è rappresentata da un individuo con addosso una maschera antigas, che all’inizio pensiamo essere il vero assassino, ma che poi scopriremo essere solo un parto della fantasia della ragazza malata.
A questo punto però la storia si complica: nel casale abbandonato c’era davvero un assassino, che rapisce la Pazza e la tortura. Lei all’inizio urla e strepita, ma poi diventa indifferente e anzi sorride, facendo “arrabbiare” l’assassino, di certo non abituato ad avere davanti una vittima del genere. La ragazza ne approfitta e in un momento di distrazione lo colpisce, dopodiché ecco tornare la sua personalità con la maschera che uccide il serial killer. Nel flashback finale scopriamo – credo – che era stata lei ad uccidere l’amica.
Ho messo il riassunto non per far sfoggio di bravura (magari non ho capito niente…) ma per inquadrare meglio la storia, che a mio parere pur se valida presenta alcuni problemi di comprensibilità.
Partiamo dall’inizio, e cioè dalla ragione per cui le ragazze sono nel bosco. Le due amiche, Pazza e Savia, partono all’avventura, ma le cose non sembrano promettere bene: Savia è scocciata e chiede all’amica come mai l’ha portata fin lì. Pazza invece è contenta di andare, ma si scopre ben presto che è timorosa di tutti, di chiunque, e non appena arriva al casolare in cui LEI ha insistito per andare, di punto in bianco si sente osservata, ha paura e vorrebbe andare via, via subito! La sua amica Savia, invece, è contentissima e vuole restare.
Ciò che mi chiedo è: se all’inizio il regista ci dice che Pazza – quando non si trasforma in assassina – è una ragazza timorosa e spaventata, paranoica, come mai lei è arrivata da sola in quel casolare sperduto senza paura, tanto che ha deciso di tornarci con l’amica, e solo quando è di nuovo lì riprende con le sue paranoie? Non è un po’ contraddittoria la cosa?
Una possibile spiegazione è che la ragazza abbia portato l’amica lì perché inconsciamente guidata dalla sua parte inconscia e criminale, la quale approfitta per uscire. La paura della ragazza, il suo sentirsi osservata sarebbero dunque il sintomo della prossima comparsa della sua personalità deviata… è così? (un elemento a favore è quando la Pazza inizia a strofinarsi la fronte e si toglie il cappello…) Nessun elemento ci aiuta però a decifrare meglio la situazione: mi sembra poco produttivo focalizzare l’attenzione del pubblico sul lato pauroso del carattere della Pazza per poi costruire una premessa che considerando tale carattere diventa improbabile. E’ come far dire dieci volta ad un personaggio che soffre di vertigini, di grosse vertigini, di grandi vertigini, e poi farlo vedere mentre invita un amico sulle montagne russe.
Secondo dubbio: se mi tornano i conti, Pazza ha appena ucciso la sua amica, quand’ecco che appare il “vero” serial killer che la tramortisce e la porta nella sua stanza segreta. Mi chiedo: il serial killer non ha notato il fatto che Pazza ha appena ucciso l’amica? Credo che debba necessariamente averlo fatto, anche perché quando spiava le ragazze aveva ben visto che erano in due. Eppure non fa per nulla menzione del fatto, come se fosse una cosa senza importanza, e si mette subito a torturare la ragazza come se fosse l’ennesima preda. Il comportamento mi sembra poco plausibile, così come è un po’ scontato il comportamento del serial killer, che sembra più un maniaco sessuale che un gelido assassino… L’attore lo interpreta con grande passione, ma credo che l’immagine che ne dia sia un po’ troppo stereotipata e priva di una reale personalità: è un SK sui generis, che stupra, sevizia, forse prima stupra, no uccide, no tortura…ed ha dei dialoghi troppo “esagerati”. Interpretazione però molto convinta ed efficace.
Personalmente, avrei posto più attenzione sul rapporto tra SK e Pazza: avrei fatto in modo che SK portasse sì la ragazza di sopra ma con la motivazione di “studiarla. Il SK era convinto di avere a che fare con due vittime e invece ha scoperto che una è una pazza assassina…io avrei fatto in modo che egli la “studiasse”, tenendola prigioniera perché Pazza è imprevedibile, ma non per divertirsi con lei bensì per conoscere a fondo quella strana persona. E da questo strano rapporto sarebbero potute nascere delle implicazioni interessanti. Un’alleanza? Un gioco perverso? Una sfida mortale? Ecco, gli elementi ci sono tutti, ma per me andavano approfonditi di più.
Riguardo i dialoghi avrei evitato certe esagerazioni (nel sk) e certi didascalismi (il fatto che Savia deve partecipare ad un concorso e deve scattare delle foto da spedire assolutamente entro una settimana ci viene ripetuto tre volte!).
Comunque, a parte queste poche cose, il corto è simpatico... Non è molto originale, si limita a giocare un po’ coi luoghi comuni, mostra un assassino ben interpretato ma poco personale e uno sviluppo di trama non molto interessante; ma a suo modo è piacevole, intrattiene, riesce a creare angoscia, ha un approccio molto “fisico” con i personaggi che non è male e infine è più che sufficientemente elaborato. Siccome conosco personalmente i problemi e le differenze che passano tra il PENSARE una storia e il METTERLA in scena (quello che funziona bene nella propria testa, messo su pellicola a volte diventa incomprensibile, o poco plausibile…o ridicolo!), credo che il corto sia valido, e che i problemi siano frutto non di ignoranza o di scarse capacità ma di una messa in pratica non ancora sicura di sé e delle proprie potenzialità.
Mi scuserà quindi l’autore se ho messo in luce i difetti, ma se lo faccio non è tanto per criticare quanto per fornire possibilità di miglioramento: in ogni caso il mio giudizio è positivo. Non un lavoro eccezionale ma positivo, che promette bene per il futuro.
Di nuovo complimenti a tutti gli attori per l’alto livello di immedesimazione, e un saluto a tutti.
PS: non so se sbaglio, ma la Savia Fotografa, quando scatta, mi sembra usi la digitale come se fosse una vecchia macchina fotografica col rullino…mi sbaglio oppure…???