elogio della pazienza.
Due cose devo assolutamente dire di questo corto:
1.Tagliavini mi ha fatto passare la voglia di avere bambini.
2. Sulla pagina VIMEO nella quale è ospitato il corto, mi appariva sotto lo schermo la pubblicità “Acufon batte la sordità”. Che dire… involontariamente perfetto.
Sciocchezze a parte, “Assufazione” è davvero un corto semplice ma interessante, dalla trama esile eppure valida, che sfrutta come motore dell’orrore più profondo un’apparente normalità (il famoso “perturbante” Jungiano) portata all’ennesima potenza, e alle più nefaste conseguenze.
Che cosa c’è infatti di più inquietante del pianto di un bambino che non si sa dove sia, cos’abbia, e soprattutto che non si riesce a fermare? Inquietante, inquietantissimo, praticamente insopportabile…proprio perché è una cosa relativamente “normale”, qualcosa che fa parte – o potrebbe far parte – della nostra quotidianità, che potrebbe capitare a tutti, che fa riferimento a situazioni del vivere comune. E proprio per questo è più terrorizzante di tanti mostri di cartapesta (oggi in “CGI”) che vediamo nei film.
Appare chiaro (almeno credo) che l’uomo che pensa di essere in ospedale è in realtà all’inferno, e quella che sta subendo è solo la punizione che gli è toccata in sorte per chissà quali peccati commessi in vita. Questo contribuisce anche a rendere plausibili o quantomeno accettabili delle parti che lo sarebbero meno se il corto fosse ambientato nella nostra realtà: ad esempio l’approssimazione con la quale è ricreata la stanza d’ospedale, e le azioni un po’ strane dell’infermiera, la quale non parla mai, si presenta misteriosamente con la mascherina e oltretutto assume un ruolo che solitamente non compete a chi fa il suo mestiere, cioè quello di dare da mangiare ai malati.
Esiste, a dire il vero, un’altra possibilità; e cioè che l’uomo sia pazzo, e la voce sia solo nella sua testa – venga da DENTRO di lui, come l’ultima immagine sembra suggerire – ma personalmente io “voto” per l’ Inferno, per le ragioni espresse qui sopra. Se il corto fosse ambientato nel nostro mondo la parte sanitaria sarebbe troppo semplicistica e stereotipata, risultando dunque un difetto che abbasserebbe il valore dell’opera.
Le uniche cose che mi verrebbe da chiedermi sono, credo, un paio. La prima, come mai l’uomo (vista la situazione e l’apparente ostilità dell’infermiera) aspetti addirittura UN MESE prima di eliminare definitivamente l’odiato pianto ( come ha resistito? Io sarei diventato pazzo dopo cinque giorni, anzi TRE!) e come mai abbia come unica idea quella di menomare se stesso. Come mai infatti prima di mutilarsi non rivolge la sua rabbia verso l’infermiera aggredendo lei, o rifiutandosi di mangiare a meno che il bambino non venga zittito, o urlandole contro?
Seconda domanda: non mi è ben chiaro il riferimento all’ASSUEFAZIONE presente nel titolo. In effetti il protagonista tutto fa meno che assuefarsi al pianto…mi chiedo quindi come mai la scelta di questa parola, e quale ne è il significato alla luce della storia che ci è stata narrata.
Comunque, detto questo c’è poco da aggiungere. Tagliavini riesce a mostrare molto bene il percorso dell’uomo verso l’abisso, e il suo corto offre ottimi risultati con il minimo spiegamento di mezzi. Devo dire che, tra mostri, mostrazzi e demoni vari, il pianto di quel bambino invisibile è stato forse l’unico elemento di tutto questo concorso che mi ha fatto davvero venire la pelle d’oca.
Ben fatto, ottimo lavoro.