Come da indicazioni di Maniak, ecco qui il topic.
Premesso che io Squid Game l’ho trovato piuttosto divertente, non posso negare che la sensazione di deja-vu non mi ha mollato un attimo da quando “si svelano i giochi”.
Il primo pensiero è andato subito a Stephen King e a due romanzi letti in età giovanile, “La lunga marcia” e “L’uomo in fuga”, rispettivamente del ’79 e dell’’82 (dal secondo venne tratto il film “L’implacabile” con Schwarzenegger, sempre negli anni ’80, ma non l’ho mai visto).
Entrambi ambientati in un futuro distopico, cioè la realtà che viviamo oggi, in cui la gente è completamente lobotomizzata da programmi tv senza scrupoli (tipo Masterchef o Nudi e crudi) che mostrano i concorrenti sfidarsi letteralmente fino alla morte in generi diversi di survival games, quei romanzi probabilmente allora sì che scioccarono i lettori (me sicuramente), per il concetto originale del “cosa sei disposto a fare per sfuggire alla tua condizione sociale ed accedere anche tu ai benefici e agli agi che solo la casta possiede?”.
Morire, è la risposta. La morte fa parte del regolamento, e implacabilmente viene messa in atto se non ti attieni alle regole o se perdi. Anni ’80. Ero in pre-adolescenza e quelle letture, insieme ad altre, si fusero con il mio dna e il concetto in sé di survival game che incontrai i seguito tante altre volte nel cinema e in letteratura non fu più motivo di stupore.
In campo cinematografico, Flavio potrebbe citarti molti più titoli ma fa il prezioso.
Il primo che mi è venuto in mente è stato “13 Tzameti”, che se non hai visto ti consiglio di recuperare e quindi evito di spoilerarti, anche se vabbè a sto punto hai già capito. Lì comunque ci trovi tutto: il protagonista povero, gli scommettitori ricchi e debosciati, il gioco mortale, la critica feroce alla società…
Impossibile poi non pensare al giapponese Battle Royale, dove i protagonisti del gioco al massacro sono studenti liceali. Qui le motivazioni sono altre, se non ricordo male il gioco è una sorta di programma messo in atto per legge allo scopo di contrastare il dilagare della violenza tra i giovani (!) ma il meccanismo alla fine è il medesimo ed è occasione, anche qui, per un’analisi dell’animo umano calato in un contesto di sopravvivenza.
Altro titolo a cui ho pensato è The Circle, del 2015, che a suo tempo sottotitolai, e che ora si trova su Netflix. Qui le cose si fanno un po’ diverse, nel senso che non sappiamo (e neanche lo capiamo alla fine, o per lo meno, io non l’ho capito) il motivo per cui questi 50 individui si ritrovino in una stanza dove ogni 5 minuti uno di loro viene seccato da una scarica elettrica. Esperimento sociale? Può essere, perché sta proprio ai 50 sconosciuti mettersi d’accordo fra loro e decidere chi sarà la prossima vittima sacrificabile.
Anche qui, dunque, pur con tutte le differenze del caso, la fa da padrone il tema dell’animo umano nel contesto lotta per la sopravvivenza.
Di conseguenza, possiamo infilarci a diritto anche i vari The Cube, i Saw per certi versi, e tanti altri che verranno in mente anche a te.
E in tema di ricconi che guardano morire i poveracci come non pensare ad Hostel, tanto per citarne uno famoso a caso?
Personalmente, poi, non ho potuto fare a meno di accostare il protagonista, un po’ tonto, buono e sfigatissimo, alla famigliola di losers (in particolare il papà ossigenato della bambina rapita dal mostro) di The Host di Bong Joon-ho. Coreano pure lui.
Alla fine, comunque, lungi da me la volontà di denigrare Squid Game che, ripeto, non mi è dispiaciuto affatto, ma anch’io, come Gioli, mi sono chiesta il perché di tutto questo clamore, questo gridare al miracolo come se fosse sbarcata su Netflix la novità del secolo a stravolgere per sempre i canoni del cinema per come l’abbiamo visto finora. Forse, azzarderei, per come l’avete visto voi finora. Non parlo di te, Perfect, ma di un pubblico che probabilmente la cosa più estrema ed innovativa a cui ha assistito è La casa di carta (a proposito, che dire di quelle tutine rosse?).
P.S. Un’altra analogia, a cui non ho potuto fare a meno di pensare ridendo un po’, è Takeshi’s Castle.