Su come la penso in merito al tema tortura ho già detto molto a proposito di un altro corto in gara.
E pure qui, ahinoi, manca il sesso.
E mancano torture vere e proprie, è tutto accennato, sussurrato, mentre a mio parere un film sulla violenza per gioco, divertimento, diletto, dovrebbe urlartele in faccia, le torture, tirartele come bordate.
Preparazione per bevanda acida horror al sapore di tortura.
Ingredienti:
Un torturatore,
una torturata,
attrezzi vari per infliggere dolore.
Mescolare con pazza spettacolarizzazione del sangue, della carne lacerata, delle grida di dolore.
Aggiungere del sesso.
Ecco. Il Penance Drink non è stato preparato così. Frettoloso, con un finale che non soddisfa, poco entusiasmante. Spiacevoli poi i continui flash, roba da fantascienza che mal si mescola all'atmosfera sporca e maledetta della storia.
Nella scorsa edizione, proprio come il collega notoburattino poco sopra, specificavo quanto non mi piacciano le case-italiane nei corti italiane.
Ed è vero che qui il regista è bravo a non mostrare nessuna casa-italiana.
Ma c'è un'altra cosa che non mi piace dei corti italiani, ed è la preparazione del caffè.
Vi prego, non mi fate più vedere uno che si fa il caffè.
E' uno strumento che sa di facile risorsa, e serve a trasmetterci il carattere intimo, banale, ordinario, casalingo, appunto, della scena, ma è proprio per la sua evidente semplicità che disturba.
In effetti, a ben leggere più su, non c'è caffè tra gli ingredienti.
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"Si staranno preoccupando per noi?"
"No, non ancora. Dovevamo incontrare i camion venti minuti fa; si faranno vedere soltanto fra un'ora e mezza. Alle due, cominceranno a chiedere a
qualcuno se c'hanno visto. Alle tre ci cercheranno nei bar, e verso le quattro si arrabbieranno. Alle cinque, forse qualcuno capirà che ci siamo persi. Alle sei, il capitano penserà di chiamare il comando, e lo farà solo alle sette e mezza. Dal comando risponderanno che è tardi e
che ci penseranno domani."