A proposito di madri disastrose, mi è venuto in mente il finlandese Hatching, che ho visto qualche tempo fa e che mi ha colpita positivamente, pur essendo un film pieno di metaforoni sulla maternità, la famiglia, le frustrazioni ecc.
La verità è che il modo in cui tutte queste tematiche sono affrontate, arriva diretto alla pancia; impossibile non detestare questa madre blogger/influencer superficiale ed egoista, che non fa altro che riprendere la sua casa e la sua famiglia sbattendole in faccia ai followers a testimonianza della sua perfetta (e falsissima) felicità, e quel padre tonto e imbalsamato, incapace di comunicare con i figli, che si presta alla finta rappresentazione della famigliola del Mulino Bianco.
Risulta odioso persino il piccolo di casa, un quattrocchi spione e dispettoso che sembra la replica in miniatura di quell’ignavo del papà.
E poi c’è lei, Tinja, dodici anni di sofferenza pura, passati a sorridere a comando davanti a un cellulare, a rinunciare ai suoi giochi di bambina, alle amicizie, per soddisfare l’insano desiderio di realizzare ciò in cui la madre non è riuscita: diventare a tutti i costi una ginnasta professionista.
La più brava, naturalmente, la numero uno, così da poter mostrare al mondo l’ennesimo successo di questa famiglia di successo.
Ma Tinja avrebbe bisogno di tutt’altro, che non questa mostruosa e soffocante vita di plastica, e allora se lo crea lei, il suo mostro, se lo cova letteralmente finché l’uovo non si schiude dando alla luce una creatura pazzesca (incredibilmente non in CGI), con cui la bambina instaurerà un legame del tutto particolare.
Non vi dico altro, se non che ovviamente la vita perfetta della famigliola del Mulino Bianco comincerà a prendere una piega meno perfetta e sempre più horror.
Per me è da vedere, poi fate voi.