Ho deciso che da oggi in poi non mi lascerò più influenzare dai pregiudizi.
Fino a poco tempo fa, un film intitolato L’esorcista III non l’avrei mai guardato neanche sotto tortura.
Per una serie di circostanze mi sono ritrovata a vedere questo film, che per anni non ho mai neanche preso in considerazione, classificandolo a priori come “MERDA INGUARDABILE aka FIGURATI-IL-TERZO-SEQUEL-DELL’ESORCISTA-MA-BRUCIATE-ALL’INFERNO-MALEDETTI-PROFANATORI-DI-CAPOLAVORI”, e invece mi sono ritrovata davanti a un thriller horrorifico ben fatto, pauroso, con un protagonista eccellente e una storia intrigante.
E scopro che Blatty aveva pure scritto il libro “Gemini killer” (la mia prossima lettura, ovviamente), da cui il film è tratto, e stavolta si è occupato sia della sceneggiatura che della regia.
E se la produzione non ci avesse messo becco, obbligandolo a piazzarci continui e vistosi richiami al primo film nonché quell’esorcismo finale orrendamente kitsch, sarebbe stato probabilmente una vera perla.
Perché in realtà questo Esorcista III, pur riallacciandosi agli eventi di 15 anni prima, segue una sua strada personalissima, dove il filo conduttore è sì sempre la questione della fede, della lotta fra il bene e il male, ma affrontate in tutt’altro modo, seguendo stavolta il filo razionale dell’indagine investigativa (che nel film di Friedkin era una delle tre piste battute, insieme a quella scientifica e quella religiosa) e immergendola via via nel soprannaturale.
E Blatty è tremendamente bravo nel creare la paura, anche senza facili spaventi, e anche senza mostrare bambine deturpate che ruotano la testa a 360°.
Un film assolutamente da recuperare, o da riscoprire, senz'altro da rivalutare, con un George C. Scott straordinario, un’atmosfera super-inquietante e un’ottima regia.