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A wounded fawn [2022]

Ultimo Aggiornamento: 11/12/2022 18:05
11/12/2022 18:05
 
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Che Travis Stevens fosse un regista “dalla parte delle donne”, l’avevo già notato con La ragazza del terzo piano, dove mi era sembrato persino eccessivo nell’accanimento contro il povero trimbollone interpretato da CM Punk.
In questo A Wounded Fawn, che sin dal titolo dà un’idea del tema che si andrà ad affrontare, ovvero il maschilismo tossico, viene scomodata addirittura la mitologia greca, nella forma delle tre Erinni, dee infernali della vendetta, nate dal sangue versato da Urano evirato dal figlio Crono mentre si accoppiava con la moglie, chiamate a punire chi si macchia di delitti di sangue.
E in effetti lo sappiamo dall’inizio che Bruce, il nuovo spasimante di Meredith, con cui la donna accetta di trascorrere un weekend nel suo chalet fra i boschi, è in realtà un assassino seriale nonché ladro di pezzi d’arte da collezione.
Lei, il cerbiatto ferito del titolo, è reduce da una relazione con un uomo violento, quindi ci va un po’ cauta, nonostante la voglia di lasciarsi andare ad un nuovo amore.
L’inizio della serata fra i due mi ha ricordato un po’ Fresh, con lei che si lascia incantare dai modi affabili del seducente piacione, se non fosse che qui il chad di turno ha evidenti problemi fin da subito a mantenere un contegno tenendo a bada le pulsioni omicide che si palesano sotto forma di un gufo rosso e minaccioso alto due metri.
Se nella prima parte il film si muove in modo piuttosto classico, dando l’impressione di ispirarsi anche al thriller italiano (il sangue rosso rosso, la creatura che rimanda a Deliria, un’atmosfera da film anni ’70 nonostante l’ambientazione evidentemente moderna), nel secondo atto vieniamo scaraventati in un folle trip onirico e surreale in cui i ruoli si ribaltano, i confini tra realtà e immaginario si confondono e la messa in scena ricorda un allestimento da teatro d’avanguardia sperimentale.
Ottimi gli attori protagonisti, con menzione speciale per Josh Ruben, bravissimo nell’incarnare prima l’ambiguità del lupo travestito da agnello e poi la pateticità dell’omuncolo che, chiamato a rispondere delle proprie azioni, pavidamente si giustifica nel tentativo di sottrarsi alla punizione che gli spetta.
Non è un film perfetto e non è il film del secolo, ma mi è piaciuto, ci ho trovato molte cose interessanti e sicuramente riconosco a questo regista una certa originalità e voglia di osare.

6 e 1/2.





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