Inspiegabilmente snobbato e a quanto credo inedito in Italia, questo film crucco del 2005 è una vera bomba, soprattutto se apprezzate i thriller psicologici coi serial killer.
In questo caso il killer, Gabriel Engel, arrestato a inizio film nel suo antro degli orrori in una sequenza da brividi, è pure un pedofilo con una sua teoria tutta particolare sul Male, che lui vede come un virus (da qui il titolo "anticorpi") col quale cerca di infettare Martens, il poliziotto-contadino part-time arrivato dalla campagna ad interrogarlo.
E in effetti Martens, già di suo tormentato da non pochi problemi familiari, finisce per lasciarsi contaminare dall'influenza dell'assassino, fino a mettere in discussione tutto, religione, giustizia, sesso, rapporti familiari.
Il gioco psicologico fra i due non può che rimandare al Silenzio degli innocenti e Manhunter; del resto è lo stesso Alvart, regista e sceneggiatore del film, che fa pronunciare ad Engel, durante il primo incontro col poliziotto, la frase "Chi ti aspettavi di trovare, Hannibal Lecter?".
Ma per quanto André Hennicke buchi lo schermo in ogni sua apparizione, il film non punta a fare di lui un nuovo villain da mitizzare, come accaduto con Hopkins/Hannibal. L'attenzione è tutta rivolta a Martens, ai suoi dubbi e ai suoi conflitti e mutamenti interiori, ma anche ad un'intelligente riflessione sui confini tra il bene e il male, vista nell'ottica religiosa.
In tutto questo, non immaginatevi due ore e sette minuti di pipponi filosofici: l'indagine continua (il killer ha confessato l'uccisione di 14 bambini, ma non della ragazzina trovata morta nel villaggio di Martens) e gli snodi della trama ci allontanano sempre più dal territorio conosciuto di Thomas Harris, nella ricerca della verità, fino al bel finale, con doppio twistone annesso, sorprendente e carico di tensione.
Mi ha soddisfatta e lo riguarderei oggi stesso.
7 e mezzo.