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Festival in corso e corti in gara...dite la vostra!

Ultimo Aggiornamento: 09/07/2022 12:49
23/05/2011 23:03
 
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DURANTE LA MORTE - RECENSIONE DI osmanspare

RECENSIONE.
Cercherò di essere il più conciso – e il più cattivo – possibile. Ma senza cattiveria. E, non essendo un regista, cercherò di concentrarmi solamente sulla storia.
Dunque…”DURANTE la morte”. Prima di tutto, che significa “durante”? Immagino voglia essere un sagace tentativo di distinguere quella parte inesistente che sta tra il prima e il dopo la morte, uno spazio e tempo indefiniti in cui c’è una stasi: la morte c’è, e invece di essere evento transitorio continua a restare, presumibilmente per un tempo infinito. Rimane però un fastidioso sentore di errore di italiano…in fondo che significa “durante la morte”? La morte è un evento atemporale. Cerchiamo di rimanere pratici, grazie.
Il nostro protagonista si alza presto. Si incazza con la segreteria perché non ha messaggi. Ma poi “Mi piace stare qui”, dice. Non mi sembrava, da come si era alzato. Comunque si fuma una sigaretta, assapora il “profumo del silenzio” e ci fa capire che sa già cosa l’aspetta (quindi la calma è solo apparente, ci pare di capire.) Perché lo faccio però?, dice. Perché giro sempre per le stresse strade? Non riesce proprio a farne a meno…
Ecco che incontra mamma e figlio zombie. Che però non si comportano come tali, ma quando si rivolgono a lui, lo diventano. Perché? Il nostro eroe scappa a gambe levate. Stesso ritornello si ripresenta altre tre volte, identico. Troppo per i miei gusti: il messaggio lo abbiamo già capito. Ma qual è il messaggio? Gli zombie sono zombie veramente? Quale parte è immaginata? La vita o la zombità? Non ci sono elementi per capirlo. E poi, come mai il nostro eroe scappa vedendo gli zombi (o non-zombi, o quel che sono) se all’inizio ha detto che tutte le mattine fa lo stesso giro, tanto che ormai ha quasi perso il suo sapore? Dovrebbe esserci ormai abituato, no?
Ok, il nostro torna a casa. Ride scompostamente, in maniera troppo plateale e banale, spatasciato su una balaustra (scena molto didascalica e …non mi viene la parola…quelle scene che sanno di finto, di costruito, che sono lì solo perché il regista voleva comunicarci ciò che il personaggio sente, e lo fa in modo fin troppo urlato). Poi viene aggredito da braccia mostruose…che apparentemente non han provocato danno alcuno, visto che nella scena dopo l’uomo è già a casa (E’ scappato o cosa? Nessuno ce lo spiega). A questo punto, ci aspettiamo tutti la sorpresa finale: ed eccola: tutte le persone incontrate sono gente che lui conosceva, e che ha ritratte in un album. Quindi?
La cosa si complica. La citazione finale ci dovrebbe far capire che i ricordi sono come zombie…quindi quelli dovrebbero essere i ricordi dell’uomo. Ma capire cosa stia succedendo davvero è problematico. Mi pare di aver capito che il bambino era lui al primo giorno di scuola, uno dei due metallari è sempre lui ai tempi del liceo, il tipo seduto in panchina con la fidanzata è sempre lui al momento del primo bacio, mentre l’ultima è la moglie che lo ha lasciato. E se non è così è grave, ma dovrebbe essere così, anche se è molto difficile capirlo alla prima visione.
E pure lui è uno zombie…anche se forse non se lo ricorda o fa di tutto per dimenticarselo. Quindi riassumiamo: dovrebbe essere finito il mondo, e il nostro eroe morto pure lui finge una vita che non ha aggrappandosi ai ricordi più cari. Ma forse è tutta una metafora di un uomo che è decaduto, è vivo ma ha perso motivazioni, e vive solo, non è uno zombie ma un poverino pieno di rimpianti. Quale delle due? Il film non ci aiuta a capirlo.
Prendiamo per buona l’ipotesi zombie: allora i vari personaggi sono “vivi” solo nella sua immaginazione, ma appena si girano il protagonista non può fare altro che riconoscerli per quel che sono davvero, e cioè morti viventi che lo inseguono per mangiarselo. Ma ecco due domande: come mai tali morti viventi se ne stanno sempre allo stesso posto per recitare la stessa scenetta ad unico uso e consumo del nostro eroe? Non possono gironzolare da qualche altra parte? OK, ammettiamo che anche loro si siano aggrappati a qualche ricordo del passato, e ciascuno reciti la vita che aveva un tempo…ma come la mettiamo che almeno metà degli zombie sono lo stesso protagonista in varie fasi della sua vita? E’ lui che se li sogna, dunque…ma come mai allora si sogna sotto forma di zombie?
Durante la morta è insomma un grosso metaforone che lascia le intepretazioni a chi guarda. Peccato che lo faccia un po’ malamente, senza fornire giustificazioni a scene belle se prese singolarmente, meno belle se inserite nel contesto della storia, dove finiscono per perdere di senso.
Questa del resto mi sembra la tendenza di certi artisti “di seconda scelta” o immaturi, che riescono a concepire scene “fiche”, riescono – ma non sempre – a concepire una trama in cui inserirle, ma mancano del tocco finale, che sarebbe rendere il tutto logico e comprensibile. Si sacrifica la leggibilità della trama alla “ficaggine” della singola scena, compiacendosi del singolo alberello senza accorgersi che la foresta intera è tutta storta.
Nel complesso cmq DLM è simpatico, con belle musiche, e una bella fotografia. La trama però è quel che è, e la voce narrante non è piacevole. Uno perché troppo impostata, troppo teatrale. E due perché ormai chi usa più la voce narrante? E’ un artifizio che andava forse bene negli anni che furono, ma che applicata oggi – tranne rari casi – lascia il tempo che trova, e mi da l’idea di insicurezza: non essendo convinto di ciò che racconta visivamente, il regista cerca di spiegarlo con la voce narrante, quando secondo me dovrebbe cercare di tradurre TUTTO in immagini. Del resto, non è questo il lavoro a cui dovrebbe tendere ogni regista? A prescindere se poi la trama è presa da un racconto. Io voto sempre per togliere la voce e per imparare a raccontare con le immagini.
La sufficienza c’è. Ci sarebbe stato anche di più, se la storia mi avesse convinto. Le carte in regola ci sono tutte. Consiglio meno scene fiche e lavorare più sulla trama, ma questo vale anche per buona parte dei filmmaker americani di successo. Chiarezza. Cercare di evitare contraddizioni tra le parti quando si butta giù una sceneggiatura. Eliminare la voce narrante.
Grazie.
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