00 28/05/2012 16:21
Allora, qui c’è da rimboccarsi le maniche.

Chiariamo subito: la regia mi è piaciuta. Colori acidi, un girato “finto-rovinato” stile anni ’70…non sarà originale, forse sbuca fuori da Tarantino, ma perlomeno è una precisa scelta stilistica…a meno che non sia solo il frutto di un programma trovato per caso (ma non credo); e inoltre, contrariamente ad altri cortometraggi che ho criticato proprio per un’eccessiva aderenza ad un genere, in questo caso il regista non si limita a copiare degli stereotipi, ma si muove all’interno del genere citato con buona padronanza dei mezzi, adattandoli ai propri gusti personali, alla propria visione delle cose. Stile, velocità, poche cose da dire ma chiare in mente, raccontate senza girarci troppo intorno.

Riguardo alla storia…eeeeh, qui l’affare si complica. Ad una prima visione, lo stile rapido e artistico non ci permette di rifletterci tanto su, il che può essere visto come un altro punto a favore del corto e di questo tipo di regia: si spara letteralmente la storia addosso allo spettatore il quale, incalzato dagli eventi, non può fare altro che lasciarsi trascinare. Voi che leggete, considerate che in generale tutte le pause, tutte le titubanze registiche, tutte le scene descrittive, prolisse, inutili, invece di creare suspance o altro riescono solo a far si che lo spettatore rifletta a proposito di ciò che ha appena visto, mettendo in luce dubbi e difetti (quando ci sono). Se invece i tuoi personaggi corrono al riparo, sfondano una porta, si barricano, si prendono a mazzate, muoiono, risorgono, e il tutto nell’arco di 5 minuti, chi ti guarda non ha il tempo di farsi domande, e il corto è decisamente ben riuscito. Per cui io potrei finire la recensione qui, dando un “bravo” al regista e lodandolo per l’efficacia con cui è riuscito a dire tutto ciò che voleva con personalità e rapidità.

Purtroppo, però, il compito di un recensore è appunto quello di farsele, queste benedette domande. Ed ecco quindi due dubbi che se da una parte non abbassano il giudizio positivo sul corto, dall’altra servono ad analizzarlo con più precisione.

1.L’eccessiva velocità a volte fa sì che alcune parti rimangano nella testa del regista, e non vengano spiegate come si deve allo spettatore. Non sto parlando di fare “spiegoni” o di “info dump”, ma di dare a chi ti vede tutti gli elementi necessari a capire lo svolgimento degli eventi, in modo che non debba fare quell’operazione mai vantaggiosa del riflettere, cercando di capire il perché di ciò che ha appena visto (*)
Esempio pratico: mentre chiude la porta, il ragazzo viene morso. La porta vien barricata. L’attimo dopo siamo alla scena in cui la fidanzata lo abbatte con un’accettata, segno che lei deve essersene accorta in qualche modo, che i due si sentono al sicuro tanto che si stanno spostando all’interno del luogo in cui si trovano etc etc... Ma a mio parere tra queste due scene manca un minimo di raccordo, un qualcosa che – quando avviene l’omicidio – non lo anticipi ma lo giustifichi (non in senso morale) in qualche modo.
Cosa simile accade con la scena delle porte. L’attimo prima siamo rimasti ad una porta chiusa, 6 zombies fuori che battono, e i nostri eroi lungo il corridoio. Improvvisamente abbiamo la porta aperta non si sa come, e un solitario zombie che mena pugni contro una seconda porta che non si sa da dove è sbucata. Siamo costretti quindi ad ipotizzare che i due eroi hanno trovato una stanza e si sono chiusi dentro mentre nel frattempo per qualche motivo i morti sono riusciti a sfondare la porta principale (anche se non si sa dove sia finito il resto del gruppo). Come detto, troppo distacco. Non dico di anticipare le scene, ma raccordarle in qualche modo è utile a non disorientare troppo lo spettatore.

2.Lei uccide lui. Ipotizziamo che lei lo faccia per autodifesa sua e del bambino: il fidanzato potrebbe trasformarsi in zombie e far loro del male. E a prima vista la cosa si digerisce bene. Poi, ripensandoci, ci si pone una domanda tipo “è plausibile che una persona uccida a sangue freddo l’uomo che ama, subito, in tutta fretta, senza neppure cercare di venire a patti in qualche modo con la situazione?” Soprattutto considerando che –essendo il ragazzo ancora vivo – lei non ha fatto altro che accelerarne la trasformazione. Voi mi direte che l’atto è in linea con lo stile del cortometraggio, e in questo vi do pienamente ragione. Anzi, la scena è pure molto “fica”, se mi perdonate il termine. Ma, in quanto avvocato del diavolo, mi andava di farvi notare il rovescio della medaglia. In un film più realistico una cosa del genere non sarebbe passata altrettanto liscia.

Riguardo alla scena finale, è sicuramente inaspettata. Non so dire se renda il cortometraggio migliore o peggiore, forse rimane un po’ fine a sé stessa, e va presa soltanto come tale, inserita nel suo contesto; di certo posso dire che è perfettamente in linea con l’approccio dell’autore, ed è abbastanza inquietante, soprattutto per il fatto che, accettando implicitamente il fatto che stiamo vedendo un film che si rifà allo stile anni ’70, noi spettatori ci aspetteremmo un livello di violenza consono al periodo, ergo non così elevato. E invece il regista ci stupisce con questo affondo che ci proietta con violenza in uno stile “mondo movie” in cui nulla ci è risparmiato.
Se un dubbio c’è, si riallaccia ai dubbi espressi prima sulla mancanza di agganci: la ragazza era stata morsa in precedenza? E’ morta di parto? Io proporrei la seconda ipotesi, ma la caduta di lei è così rapida e apparentemente poco significativa da insinuare il dubbio su quale sia la vera origine della sua dipartita, visto che nessun altro indizio ci viene fornito.

Comunque, i dubbi e gli eventuali difetti in questo caso sono di poco conto, e sono ben compensati da una regia rapida e “stilosa” al punto giusto. Finalmente vedo un po’ di chiarezza di intenti e voglia di trasmettere un preciso messaggio di sé. La padronanza dei mezzi c’è, le scelte artistiche sono condivisibili, la fotografia è ben curata, l’amatorialità traspare poco, l’uso del colore è molto interessante. Tra le scene preferite cito l’inizio ( a parte gli amici zombies che ridono sotto i baffi…), l’uccisione di lui, il passaggio delle pinze per sbarrare la porta, e quella in cui la ragazza, in un attimo di lucidità, sbatte la testa sulle mattonelle in preda allo sconforto: un bel modo di descrivere l’attimo.

Qualche elemento di questo corto mi ha fatto venire in mente l’ottima miniserie DEAD SET, di cui questa pellicola mi pare una possibile estremizzazione. Solo una mia impressione? In ogni caso, un prodotto non indimenticabile, non splendido ma valido in tutti i sensi, dalla regia alla storia allo stile alla recitazione. Piccolo, semplice, ma indice di bravura.

(*)=Attenzione: lasciare all’immaginazione dello spettatore alcune cose, tipo il mostro dietro la porta, è ottimo, molto più di far vedere il tuo mostrone di gomma raffazzonato. Spingerlo ad immaginarsi da se certi orrori è molto più valido che farglieli vedere. Ma nascondergli passaggi logici non è mai un punto di forza.