00 28/05/2012 17:13
horror anni '80 (gloriosi)
Risuona di echi Baviani, Argentiani, Fulciani (e chi più ne ha più ne metta) questo interessante cortometraggio che offre molto di più di quello che pareva promettere.
Sia detto subito: niente di particolarmente originale da queste parti, eppure per tutta la durata del filmato non assistiamo ad alcun errore, alcuna sbavatura, alcun calo di tensione, alcun buco di logica. E’ tutto rigorosamente studiato per essere perfetto, e perfetto è. Tutte le porte aperte in fase di sceneggiatura vengono chiuse, il passato viene recuperato con un flashback molto ben congegnato, e per quanto ci si ritrovi ad assistere a scene già viste, la cosa non ci pesa minimamente, in quanto la tecniche mostrata dal regista è sufficiente per mantenere desto il nostro interesse. Il che dimostra quanto la bravura sia importante quando ci si occupa di cinema di genere: senza di essa si rischia di svolgere un compitino vuoto, che sa di già visto e che non appassiona.
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In particolare, questo corto è un condensato di tutte le tecniche che rendono interessante una storia del genere. Non starò ad elencarle, in quanto è sufficiente guardarsi il cortometraggio per rendersi conto che ci sono tutte, e ciascuna al posto giusto; mi limiterò a dire che ogni trovata scenica è condotta con vera maestria: difficile stabilire che questo è un prodotto amatoriale, non ha nulla che lo renda inferiore a tanti film di serie B che abbiamo visto durante “Notte Horror” o noleggiando videocassette nel nostro Video Club di fiducia.
Buona anche la prova degli attori, tutti in parte. Buone le luci, buone le inquadrature… Niente da buttare in questi tredici minuti; tanto che mi trovo quasi costretto a terminare qui la mia recensione, visto che il corto parla da solo. Mi limiterò quindi a citare alcune cose che più delle altre mi hanno colpito, o che comunque trovo interessante sottoporre alla vostra attenzione. Una di queste è la palla di vetro, l’”oggetto simbolico” che appare in varie scene, che diventa il simbolo dell’ossessione e del dolore di Vic, fino a che non ne apprendiamo la vera natura: un buon elemento da aggiungere ad una storia! E oltre a questo, visto che ne ho già parlato in altra sede, la scaltrezza nel mostrarci una stanza, un letto, tre persone con un camice bianco e convincerci che abbiamo appena visto una scena ambientata in un grande ospedale. “Trucco” scenico che molti registi amatoriali dovrebbero imparare, quando si ritrovano nella necessità di dover riprodurre un ambiente senza avere i mezzi per poterlo fare: usa pochi oggetti mirati, e lascia che il resto del lavoro lo faccia l’immaginazione dello spettatore. Ottimo!
Non aggiungo altro. Complimenti all’autore, capace di regalarci in soli 13 minuti un prodotto convincente sotto tutti i punti di vista. Sarà amatoriale, certo, ma non ha nulla da invidiare a produzioni più professionali. Anzi, forse potrebbe addirittura insegnar loro qualcosa.