00 28/05/2012 16:32
morde!
Picone, lei quest'anno si è superato. Ricordo benissimo “A joke of too much”, promettente ma troppo lasciato al caso per essere davvero vincente – almeno secondo il mio parere. Qui, invece, ad un anno di distanza, troviamo un lavoro di tutt'altra caratura, che non ha nulla da invidiare alle moderne produzioni nostrane - e forse anche estere. Un sincero complimento per la regia è dunque d'obbligo. E non credo ci sia bisogno di spiegarne i motivi: balza all'occhio a chiunque guardi il corto che tutto è girato al meglio, sfruttando al massimo ambientazione, luci, movimenti di camera, inquadrature e via dicendo. Bravo, davvero. Professionale al massimo.
Ora però è il tempo di due, o tre, perplessità.
La prima è la più lieve, e consiste nel fatto che in certi punti il corto è fin troppo debitore del recente Shadow di Zampaglione. Abbiamo: due ragazzi nella natura che finiscono nelle mani di un pazzo. Un maniaco a petto nudo che si muove lento lento con gli scarponi. Una vittima legata ad un tavolo che trema nell'attesa di venir torturata. E c'è tempo anche per lo stacco sul maniaco, i suoi oggetti feticcio e le sue abitudini disgustose. Per quanto le differenze successive conferiscano una propria dignità al corto, la prima parte è forse troppo debitrice (e peraltro mostra un cattivo non all'altezza del gelido Nuot Arquint), l'omaggio è fin troppo palese, tanto che sembra un tentativo di cavalcare l'onda, anche se non credo che lo sia. Chiamiamolo grosso omaggio da parte di una persona che ha molto apprezzato la pellicola di Zampaglione (il quale a sua volta omaggiava etc etc).
Le seconda è forse ancora più lieve, ed è il doppiaggio non all'altezza, se non altro nella parte introduttiva. Non so quantificare dove sia il problema, forse semplicemente le voci non adatte, comunque l'effetto non è dei migliori (anche se la cosa è presto dimenticata)
La terza e ultima riguarda invece alcuni dubbi sulla storia. Visionando il corto ci accorgiamo che il luogo comune è ribaltato: la ragazza era un mostro, e il fetido assassino era...un killer di mostri simili a lei, se diamo retta all'immagine che mostra il vasetto pieno di denti zannuti. Bene, ok, ci può stare. “Non sono la ragazza perfetta che credi tu”, dice la nostra protagonista all'inizio, dimostrando in un certo qual modo che è cosciente di essere un mostro, e che quindi vive nella nostra realtà camuffata da essere umano, e solo un forte choc quale può essere la tortura le fa riassumere il suo vero aspetto. Ok, anche questo in fondo ci può stare: fa molto Essi Vivono di Carpenteriana memoria. Però l'assassino che vive nel sottosuolo, nutrendosi di scarafaggi vivi e suonando il suo carillon (ma una cornamusa mai? Sempre carillon?)...possibile che si limiti a starsene in mezzo ad un bosco aspettando che mostri come la ragazza cadano nella sua rete? I casi sono due: o quei boschi sono molto frequentati (a vedere la quantità di denti collezionati si direbbe di si), oppure il nostro amico è un assassino con molto ma molto tempo libero. E se per caso cattura una persona normale cosa fa, la lascia libera?
Ma anche in questo ultimo caso si tratta di un peccato veniale. In fondo non tutto deve essere per forza spiegato: anche se la questione del crocefisso ci fa davvero pensare ad un “killer di mostri”, si potrebbe ipotizzare che il pazzo sia in realtà un collezionista, che si limita a piallare chiunque passi per la sua strada col desiderio di trovare nuovi denti per la sua collezione. Del resto, lui stesso non è una persona troppo a posto. Oppure i denti possono essere passati di padre in figlio, segno che la caccia è iniziata da tanto e continua tramite lui. Ma non importa. Ciò che importa, alla fine, è che nonostante ci sia qualche punto lasciato al caso e che avrebbe potuto rovinare il corto, questa cosa non succede.
Inquietante, deciso, crudo, malato, tecnicamente ineccepibile, “io sono morta” si classifica sicuramente tra i migliori corti che ho potuto visionare fino a questo momento. Paga qualche pegno per colpa un doppiaggio un po' infelice (ma che si dimentica presto), un omaggio troppo scoperto ad un altro film (ma che comunque è ben fatto ed è usato come punto di partenza per sviluppare una storia personale), e infine una trama con qualche punto cieco da correggere (ma forse non troppo importante). Però dimostra una maturità degna di nota, evoca tensione, non ha paura ad osare (era ora), ha un ritmo efficace e riesce ad evocare bene il disagio, il male e la sofferenza.
Il punto più valido di tutta l'opera comunque è uno in particolare, e cioè il fatto che - contrariamente ai tanti horror sostanzialmente innocui che abbiamo visto finora – essa riesce ad affondare le zanne nello spettatore con sincera cattiveria. Finalmente un horror che non ha paura di mordere! Peccato il troppo citazionismo!
Complimenti, dunque, all'autore.