00 28/05/2012 16:28
bravo!
Se paragoniamo questo “In Fabula” con “Dylan Doc – il controfilm”, cortometraggio col quale Firpo si presentò a questo concorso solamente l’anno scorso, una cosa salta subito agli occhi, e cioè che il nostro regista ha fatto passi da gigante.
Ad una prima visione infatti ogni cosa risulta perfezionata: la regia, l’uso delle ambientazioni, la storia, le interpretazioni, il senso scenico…e anche il messaggio che viene dato, e le motivazioni del regista, il suo modo di intendere ciò che fa, sono quanto mai chiare e ben mostrate. Esaminiamo punto per punto:
1. Limpidissima la regia. Non so trovare un aggettivo migliore per definire un lavoro che fa della luce, della chiarezza e della semplicità il suo punto forte. Tutto è ritratto senza forzature, senza abbellimenti, al servizio della storia. Tutte le inquadrature sono pacate e descrittive, spiccando il volo solo quando devono servire ad illustrare le emozioni; e anche lì fanno un ottimo lavoro: davvero inquietante e violenta la scena dell’omicidio: molto bella.
2. Bella l’ambientazione, e qui torniamo parzialmente al punto di prima. Anche nei luoghi infatti c’è limpidezza. Il paese è usato, mostrato e descritto per essere esattamente quello che è: un placido, assonnato, deserto e silenzioso paesino di provincia, con i panni stesi fuori ad asciugare, i vasi di fiori e i vicoletti col pavimento fatto di pietre e mattoni. L’ambientazione non è, come capita sovente in certi corti, usata come mero pretesto, o travestita – spesso con risultati goffi – per essere qualcos’altro. Siamo in un paese che potrebbe benissimo essere il nostro. Cosa che ci colpisce anche nella seconda parte del corto, quando le atmosfere si fanno ansiogene: chi di noi non ha provato le stesse ansie del protagonista, tornando in un appartamento che le nostre paure hanno magicamente reso un luogo spaventoso?
3. Bravi gli attori, con qualche lieve imperfezione. Il cugino grande all’inizio “gigioneggia”, non riuscendo ad essere sempre convincente (ma solo all’inizio!), e il cugino piccolo – complice l’età – di tanto in tanto ha dei piccoli inciampi. Comunque è soprattutto a lui che vanno i nostri complimenti: visto che il film poggia quasi tutto sulle sue spalle, Nicolò fa veramente un ottimo lavoro. E anche qui si torna al punto uno: limpidezza. Un ritratto di vite comuni (c’è spazio anche per la disoccupazione) che si muovono con naturalezza nel loro piccolo mondo. Bravi.
4. Bella la storia, per molti motivi che spero di riuscire ad elencare tutti nel modo giusto. Limpidezza, ovviamente (anche se ogni tanto si scivola nel didascalismo). Linearità. Gustosi cambi di atmosfere. Finale davvero molto simpatico. Tema interessante e narrato molto bene. Ben studiato l’unico omicidio, che coerentemente con quanto detto dal Cugino Narratore, non risparmia nulla in violenza e sangue. Come ben dice il Cugino, infatti, le streghe non sono i simpatici cattivi dei film americani ma rappresentano il Male vero, la visione del Male più realistica e in un certo senso più Europea (tesi sulla quale mi trovo completamente d’accordo). Ergo, quando la favola macabra si trasforma in realtà non si può sperare in un effetto lieve. Dal male vero non la si fa franca, mai. Allo stesso modo trovo estremamente corretta l’affermazione per la quale al male non interessa di apparire simpatico: esso vuole essere temuto, uccidere o far impazzire. E anche il triste finale è perfettamente coerente: non abbiamo appena detto che il Male vero non lascia scampo?

Insomma Firpo c’è, e si vede. Di questo corto mi è piaciuto tutto,e in particolare il messaggio espresso dal regista, che usa questa storia per parlare anche di se stesso, del suo rapporto col mondo fantastico, e per spiegarci come lui intende il cinema e la narrazione. E’ raro assistere ad una dimostrazione di intenti così chiara e arguta.

Due pecche: la strega con le scarpe coi lacci magari andava evitata (i lacci si vedono alla fine del corto, prima dell’assalto). E forse andava anche mascherato un po’ meglio il “libro parlante e misterioso”: un po’ assurdo vedere che in realtà il ragazzino ha tra le mani un semplice “Octavarium”, e cioè una sorta di vecchio breviario di quelli che ai mercatini dell’usato vengono venduti ad un euro alla dozzina… Ma stiamo parlando veramente di poca cosa. Un bravo dunque al nostro regista, che con apparente semplicità è riuscito a mettere in luce tutte le sue doti, nonché una buona dose di intelligenza.

PS: essendo io riuscito a terrorizzare a morte (senza volere!) un mio nipote almeno in un paio d’occasioni, posso testimoniare che gli avvenimenti narrati da Firpo corrispondono ad assoluta verità, tanto che non mi stupirei se avesse preso spunto da un fatto successogli davvero. Comunque, la frase “e adesso la madre chi la sente” pronunciata dal Cugino Grande è stata per me fonte di grande divertimento.