Lo ammetto senza problemi: prima di iniziare la visione di questo corto, e anche durante la prima parte, avevo dei dubbi riguardo la sua efficacia. Stile molto patinato, musica dura, le solite pretese di riabilitazione del mito del vampiro e un regista/protagonista molto conscio di sé, molto “personaggio”, che recita dando un‘immagine da duro, avevano suscitato in me qualche perplessità.
In ogni caso, mi ci è voluto poco per cambiare del tutto idea, per rendermi conto che il corto è davvero valido, e che una volta tanto sotto allo stile è presente una grande sicurezza. “Like God” ha UNA cosa da dire, sa come dirla, sa cosa vuole significare, sa quale obiettivo vuole raggiungere e conosce il modo nel quale raggiungerlo…cosa pretendere di più?
La storia è semplice, ma non semplicistica: un ragazzo invita a casa una ragazza (che all’inizio non vediamo mai: bella cosa!), con tanto di “invito ufficiale” ad oltrepassare la soglia di casa ( i fan più datati dei vampiri sanno a cosa mi riferisco). Si risveglia la mattina seguente con addosso segni di morsi, un’avversione per il cibo (manca l’elemento “luce diurna”: come mai? In tutto il giorno il nostro amico non mette mai il naso fuori di casa o alza una tapparella? Beh, magari si è risvegliato che era già il tramonto…), nausea e malesseri, e dopo una giornata di dolore si muta in vampiro, mietendo la sua prima vittima. Tutto qui? Si, tutto qui. Ma non è tanto il DOVE si arrivi ad essere importante questa volta, bensì il COME.
Per cui, ecco l’elenco dei punti particolarmente interessanti:
1. Lo pseudo-bianco e nero sparato, che a qualcuno parrà un po’ pretenzioso, ma che ben si adatta a mostrare il contrasto tra la gotica figura vampirica e il rosso del sangue.
2. L’ingresso dell’eroe mentre il nemico resta dietro la porta, solo suggerito, con effetto di aumentare l’inquietudine.
3. L’assenza di Voce Narrante, che qualche regista meno esperto avrebbe sicuramente usato con effetti DELETERI (“dopo una notte della quale avevo perso il ricordo, mi risvegliai in preda a strani dolori…”) ma dalla quale King per fortuna rifugge, riuscendo efficacemente a dirci tutto quello che ci serviva sapere usando soltanto UN minuto di telefonata e UN minuto di violento flashback.
4. Il dolore fisico della trasformazione, che oramai chi se lo ricordava più?
5. Il montaggio davvero molto efficace.
6. L’ottima idea di mostrare una parte finale della trasformazione in soggettiva, col vampiro che apre i suoi nuovi occhi al mondo e si scopre le mani trasformate in artigli (molto bello: il fatto di vedere la mutazione con gli occhi della vittima crea empatia, disagio, fa vivere allo spettatore l’orrore di guardarsi le mani e non riconoscerle più come proprie)
7. La bella scena pre-finale, il rallentamento, nella quale capiamo che il grosso del dolore è passato, che è scesa la calma, e nella quale vediamo il vampiro seduto nella vasca da bagno (in posizione cadaverica, con le mani incrociate sul petto, come se avesse scelto la vasca perché l’istinto lo spinge verso un bara…), gli occhi sbarrati, la mente persa dietro i suoi nuovi pensieri, dietro i nuovi stimoli e messaggi che il suo corpo trasformato gli ha iniziato a inviare.
8. L’altrettanto ottima idea di far vedere il vampiro che – al suono del campanello – si volta con velocità disumana: quanto significato in un gesto così semplice e breve! Sensi improvvisamente all’erta, uscita dal torpore, predazione, avidità, curiosità,
mutazione del corpo in qualcosa che ormai non è più quello che era.
9. …e l’efficacissimo finale, con l’amico trascinato dentro con furia, fame e velocità.
Insomma, un crescendo che mi ha stupito per tecnica, bravura ed efficacia, lasciato davvero soddisfatto, e che mi sembra rappresenti il giusto compromesso tra stile e trama. Il corto è breve, rapido, incisivo, senza pesi morti, non è mai didascalico, è colmo di trovate interessanti, è personale, ha personalità (sono due cose diverse), è suggestivo, affascina, appare pieno di forza e sa bene come comunicare il suo messaggio. Ci descrive perfettamente i suoi personaggi senza usare dialoghi, racconta la sua storia in un appartamento vuoto usando un solo attore e due comparse, non cede alla tentazione di spiegare troppo ma lascia molto all’immaginazione dello spettatore (potenziando l’effetto della storia) non ricicla situazione abusate ma cerca di inventarne di nuove o di rielaborarle per l’occasione, e inoltre dimostra tantissima sicurezza.
Che altro rimane? Le musiche, anche queste frutto di ottimi professionisti.
Non ho visto altre opere di Ivan King, ma il suo corto mi ha davvero stupito e intrigato. Il suo approccio all’argomento vampirismo è nello stesso tempo moderno e classicissimo, e il suo senso del cinema è davvero invidiabile. I miei più vivi complimenti all’autore.