00 30/05/2013 23:51
…e ritorna anche Luigi DeConti, che ho già recensito nelle precedenti edizioni, col quale ho anche avuto modo di collaborare (e che molto gentilmente ha evitato di presentare un corto che abbiamo fatto insieme per evitare un “conflitto di interessi”) e che quest’ anno concorre con un’opera datata 2006, “Hidden in the Dark”, corto che, pur essendo datato, a livello di storia, di cura e di regia mi sembra il migliore tra quelli da lui presentati.

Ho già avuto modo di recensire le opere di DeConti negli anni passati, e anche qui è facile ritrovare la sua mano, i suoi pregi e i suoi difetti; per cui non mi dilungherò più di tanto a ripetere cose che peraltro egli sa benissimo. Mi limiterò a dire che, nonostante l’evidentissima passione, come al solito il suo corto paga per una regia discontinua, per il “vizio” di girare improvvisando, per alcune riprese di scarsa qualità, per la mancanza di mezzi, per gli attori non sempre all’altezza e per qualche ingenuità nei dialoghi e nella trama…scogli difficili da superare quando si fa cinema, soprattutto al giorno d’oggi, in cui il più “fesso” degli aspiranti autori è in grado di insaporire le sue opere con filtri, programmi informatici e telecamere (ma anche macchine fotografiche digitali) capaci di ottime prestazioni.

Cito anche un altro paio di difetti: le scene d’azione molto poco incisive, un montaggio troppo “scattoso”, a blocchi, e infine un difetto registico che consiste nel focalizzare l’attenzione su cose e persone PRIMA che esse vengano coinvolte nell’azione: in questo modo un po’ di effetto sorpresa si perde; è come se il regista si premurasse di avvertirci in anticipo di quello che sta per accadere, privandoci della necessaria tensione (ottima invece, perché inaspettata, la comparsa del SK quando la ragazza riabbassa il cofano dell’auto!)

Il risultato è dunque un corto ben fatto, semplice ma corretto, al quale però manca ancora quella marcia in più necessaria a distinguerlo tra gli altri, quel coinvolgimento e quella originalità e complessità di trama che “agganciano” lo spettatore. Va comunque detto che a livello di storia non ci sono grossi errori da segnalare… gran parte dei problemi si riscontrano più che altro sulle recitazioni, su certi dialoghi, e soprattutto sulla figura del serial killer, che prova a far paura ma non ci riesce, che ha delle battute troppo stereotipate (“ti conviene stare zitta…perché se dici una parola ti taglierò quella graziosa gola”), che dimostra assoluta imperizia facendosi sorprendere dal primo venuto (e che poi oltretutto lo uccide senza pensare minimamente alle conseguenze), che si fa scappare la vittima per pura distrazione, che resta sul posto invece di fuggire alla prima occasione (ma magari il parcheggio ha una sola uscita…), e che infine viene ucciso facilmente da due persone qualunque.

(…segnaliamo anche il fidanzato di lei, il quale, pur essendo in auto all’interno di un ampio parcheggio, decide di andare alla ricerca del ferito a piedi esponendosi poco prudentemente all’attacco del serial killer)

Ma a parte questo, ho trovato un DeConti a suo agio, in grado di imbastire una trama lunga, sensata, certamente semplice e scolastica, derivativa, ma sufficientemente strutturata e svolta con grande linearità. In questo senso, va segnalata la buona costruzione di quella parte della storia che gira intorno al rapporto tra i due (Ex?) fidanzati e a proposito del cellulare della ragazza: lei sale nell’auto del moroso e lo poggia sul cruscotto…i due litigano, per cui lei lo dimentica lì quando scende. Quando all’interno del parcheggio scopre che l’auto non va non ha modo di chiamare aiuto; e quando infine riesce a scappare dall’assassino si ritrova davanti proprio il fidanzato che era tornato indietro per restituirglielo, e col quale può SUBITO – come farebbe chiunque – chiamare la polizia (forse a qualcuno sembrerà poco, ma in tempi come questi in cui certi piccoli elementi sono sottovalutati, finezze come queste sono , a mio parere, da fare presenti).

Appare ormai chiaro che le tematiche più thriller si addicono al regista molto di più di quelle horror o “soprannaturali”. Non posso dire “continua così” perché il corto è antecedente alle altre sue opere, ma in ogni caso mi sembra che quella del thriller a tinte forti sia la strada più congeniale per il nostro DeConti.

In conclusione, “Hidden” è un corto che – se per certi versi lascia ancora molto a desiderare e non dice nulla di nuovo – è comunque piacevole da guardare, veloce, ben costruito e ben narrato, che non si perde in fronzoli stilistici. Non siamo su vette di grandezza, non siamo originali, non siamo geni dello stile o della tecnica, ma riguardo ai contenuti, e rispetto ad altre opere di DeConti che ho avuto modo di vedere, siamo sicuramente molto sopra la sufficienza.