00 31/05/2014 15:25
un pugno di mosche
Questa è la prima recensione che faccio per il Reign of Horror edizione 2014, e non potrei essere più soddisfatto: il corto che ho appena visionato è parecchie spanne sopra l’amatorialità, anzi non credo possa proprio definirsi amatoriale vista la bravura con la quale è realizzato. Niente regie raffazzonate nei salotti di casa, niente telecamerine traballanti, niente amici che recitano alla meno peggio, bensì un lavoro registico di tutto rispetto.
Prodotto ottimo? Beh, non proprio. Ma veniamo alla recensione.
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Mi spiace molto di non essere un esperto di regia, altrimenti credo avrei potuto definire meglio gli innumerevoli pregi di questa opera; in ogni caso, il regista Peronace e tutta la troupe credo abbiano dato il meglio di loro stessi, confezionando un prodotto di facile lettura, agile, dal buon montaggio, dalla regia sicura con più di un guizzo narrativo e visivo (ne parlerò, forse, più tardi) e con la capacità di creare una buona tensione. La storia è semplice ma efficace, gli effetti speciali pochi ma ben fatti, la violenza ben dosata, e nel complesso si arriva alla fine soddisfatti. Anche la mia nemica atavica, la Terribile Voce Narrante (che io solitamente guardo con poco favore in quanto è spesso usata da registi poco abili per dire a parole quello che per loro mancanze o difetti non riescono a raccontare per immagini), in questo caso è accettabile, il che è già tanto.
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Parecchie scene sono ben sfruttate, segno di una buona conoscenza del mestiere. Sia attraverso i dialoghi sia con le immagini il regista strizza l’occhio allo spettatore, ammicca, racconta parti di trama, crea curiosità, imbastisce interessanti anticipazioni e – a volte – fa del meta-cinema (cosa che è sempre divertente quando fatta con intelligenza e ironia). Tra le tante cose da segnalare cito il prologo con la porta chiusa e la scena con l’arrivo della mosca, e anche quella in cui la ragazza, sentendosi colpita dalle parole dette al telefono dal fotografo, solleva gli occhiali da sole (bella!), e infine quella che mi è sembrata la più valida di tutte: la scena in cui il maniaco descrive come nei film horror una volta si vedesse solo la lama dell’assassino e nella scena successiva la camera si concentra proprio sulla lama che egli tiene in mano. Il cinema che cita se stesso, la sensazione che il personaggio abbia preso le redini del racconto. Molto interessante.
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Però però però… ho qualche perplessità, che non mi consente di essere esageratamente generoso con il corto. Spero che il regista non ne abbia a male se mi permetto di esprimerle.
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Prima di tutto, una cosa che mi ha convinto poco è l’attore principale – per quanto BRAVO - nel momento in cui inizia la scena di tortura all’interno della stanza chiusa. Premesso che la scena è troppo lunga, e non molto utile all’economia della storia, devo dire che non mi è sembrato di vedere un “serial killer” all’opera, bensì un “attore che interpreta la parte di un serial killer”.
Nel tentativo di essere convincente il protagonista si esibisce infatti – “colpa” anche dei dialoghi che gli sono stati offerti, e di un ritratto di personaggio molto stereotipato – in mosse, moine, smorfie e frasi a effetto tipiche dei cattivi carismatici che si vedono in TV, quei serial killer che si vendono ormai un tanto al chilo e che devono essere sempre apparentemente calmi, pieni di sorrisi melliflui, di battute insinuanti e improvvisi scatti d’ira. Francamente, il sapore di deja-vu è stato veramente grande: non ho visto niente di personale in questa interpretazione, bensì un accumulo di classici stereotipi del genere. Tanto per dirne una, tutte le volte in cui la vittima si rifiutava di obbedire al suo torturatore, era facile prevedere che egli avrebbe perso istantaneamente la pazienza e si sarebbe messo a urlarle contro.
Un cattivo quindi del tutto privo di personalità e troppo scontato, così come scontata è la classica storia del “fotografo del dolore”. Qui in questo concorso l’abbiamo già vista credo due anni fa, in uno dei corti vincitori…ma in generale la trama è abbastanza abusata.
Da questo punto di vista, da un corto valido come questo mi sarei aspettato qualcosa di più.
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E passiamo ora alla mosca.
La mosca.
Che dire? Ricordo un film indiano di qualche anno fa: un tipo innamorato di una ragazza veniva ucciso da un rivale in amore e tornava dall’aldilà sotto forma di mosca, e volando volando andava a tormentare il suo uccisore. C’era anche una scena in cui svelava la sua identità all’amata scrivendo il suo nome con le zampette intrise d’acqua sulla superficie di un tavolino. Mi chiedo se questo corto abbia preso spunto da quel film.
Ma a parte questa cosa di poco conto sono altre cose a lasciarmi perplesso. Non ho niente in contrario alla presenza della mosca (anche se la scena della lacrimuccia l’avrei decisamente tolta), che in fin dei conti avrebbe anche potuto essere un personaggio interessante ed è sicuramente un punto di vista inedito sulla questione, ma anche in questo caso credo che lo spunto non sia stato adoperato con la necessaria cura.
La mosca entra in scena declamando, ed esce di scena declamando. Funziona, il finale è d’effetto, ma a dire il vero qualche dialogo dedicato alla “mostruosità dell’uomo, che dietro la maschera di perbenismo nasconde blah blah blah” lo avrei tolto. Troppo retorico, troppa apparenza e poca sostanza: non basta a fare una vera critica sociale, così come usare un serial killer per parlare della deviazione dell’umanità non è un buon esempio: è come usare Hitler per parlare del fatto che non tutti amano gli stranieri.
La mosca arriva all’inizio del corto (in una scena davvero ben realizzata, una delle migliori), poi scompare totalmente per riapparire solo quando fa comodo alla trama: se la mosca aveva capito quando fosse crudele il fotografo perché non lo ha seguito fin da subito dentro la stanza invece di arrivare quando è ormai troppo tardi? Oppure perché non ha impedito fin da subito al serial killer di portare Rita dentro la stanza? Perché non lo ha tormentato fino a farlo impazzire impedendogli di incontrare la ragazza? Soprattutto considerando che la mosca dichiara di essere “innamorata” di Rita.
E riguardo all’ “incredibile storia d’amore”, credo che essa si rimasta un po’ troppo nella testa dello sceneggiatore, o del regista. Questo amore è suggerito da un paio di frasi, non è supportato da nulla, non è concretizzato, e si conclude in un modo di sicuro effetto ma non so quanto realistico (seppure nell’irrealtà del corto). Mi spiego meglio: se ho capito bene la mosca capisce la crudeltà del fotografo, arriva troppo tardi per salvare la ragazza e praticamente non la incontra mai, si vendica uccidendo l’assassino (e anche qui ci sarebbe da ridire, in quanto non credo proprio che avere una mosca in un padiglione auricolare crei dolore insopportabile e ti faccia cadere di botto a terra- casualmente in modo che il lavandino ti spacchi la testa), penetra nella stanza in cui è prigioniera Rita, se ne dichiara innamorata non si sa bene perché, come è stata innamorata di tante altre prima di lei (non si sa bene perché) e disegna un cuore sul muro. E Rita, che fino a quel momento non aveva idea dell’esistenza della mosca e non può sapere cosa essa pensi e cosa abbia fatto, e che è stesa a terra col ventre squarciato, in agonia, in attesa di morire… vede il cuore e sorride, dimentica di tutto il resto, come se avesse capito tutto (ma tutto cosa?).
Non so: a pelle funziona ed è ben descritto… credo che l’amore della mosca vada di pari passo col fatto che sia una Sarcophaga, di quelle cioè che necessitano di cadaveri in cui deporre le uova, per cui forse l’amore della mosca si riferisce più a quello – al corpo morto- che al sentimento… non so, forse sarebbe stato meglio descrivere l’amore della mosca come una fascinazione nei confronti delle persone morte che via via ha incontrato… ma le poche frasi della moschina non consentono un’interpretazione più precisa e anzi fanno riferimento ai grandi sentimenti, al grande cuore, come se l’insetto fosse uno di noi.
Difficile da definire, questo rapporto amoroso. Forse era necessario cambiare l’approccio, non saprei così su due piedi dire cosa manca. Forse il rapporto che c’è tra la mosca e le vittime/donne/cadaveri andava chiarito meglio… e se la mosca fosse stata “fedele” al serial killer in quanto le procurava bei cadaveri nei quali deporre le sue uova, ma l’incontro con Rita avesse fatto la differenza nonostante il bisogno di carcasse della Sarcophaga? Non saprei dire, ed è un peccato: perché TUTTO in questo corto è potenzialmente perfetto e interessante.
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Ma in definitiva, nonostante le pecche che ho messo in luce e che possono far pensare che io sia cattivo, ho MOLTO apprezzato questo corto, che ha davvero tutte le carte in regola per gareggiare con i più forti del gruppo. Tecnicamente ineccepibile, ben montato, ben recitato (a parte…) e tutto sommato ben scritto. Devo ammettere che in alcuni casi la tecnica ha superato la bellezza, ma comunque l’opera è davvero ben fatta: un’apprezzabilissima regia e degli attori molto validi alle prese con una storia che avrebbe avuto forse bisogno di maggiore riflessione, più profondità e più coraggio ma non priva di numerosi spunti interessanti e ben narrati. Per cui, complimenti a tutti.