non mettete quella cazzo di parrucca!
Il Maestro Bellini, presenza fissa in questo concorso, sforna quello che senza dubbio è il suo corto più divertente, lineare, privo di fronzoli e capace di andare dritto alla meta. Devo dire che – considerando la “poetica” Belliniana - l’operazione è perfettamente riuscita, e anzi la rapidità e la semplicità hanno giovato alla messa in scena. E’ necessario però CONOSCERE questa poetica, perché all’occhio inconsapevole il corto in questione può sembrare una semplice boutade… e per molti versi lo è, ma con coscienza.
Convivono in questa opera tutti gli elementi che fanno parte della filosofia del Maestro riguardo al cinema e al fare cinema: il girare e raccontare in maniera disimpegnata, a volte approssimativa, senza mai prendersi troppo sul serio, usando come attori amici e parenti e condendo il tutto con molta autoironia… ma senza dimenticare una base di mestiere e un occhio attento (anche se sempre “divertito”) alle inquadrature e soprattutto alle ambientazioni, compreso un certo sottofondo soprannaturale molto “italiano” e convincente nella sua semplicità.
In se, la storia è perfetta: in una vecchia colonia dei tempi del fascismo un bambino sparisce e non è mai più ritrovato. In mano a un qualsiasi regista americano da questo incipit sarebbe venuto tranquillamente fuori un “found footage” o un “mockumentary” da novanta minuti, di quelli che si prendono terribilmente sul serio e che svelano terribili misteri e misfatti. Ma Bellini di queste storie cupe e angosciose non se ne fa niente, e preferisce partire da questo spunto per narrare il nulla, l’allegra passeggiata di due (tre) cretini; trovando anche il tempo per prendere bonariamente in giro tutta questa serietà: “nei film lo dicono sempre che NON BISOGNA APRIRE QUELLA PORTA!”
“Eh, ma io quel film lì non l’ho mica visto!” si lamenta e si giustifica l’amico responsabile dell’apertura, come a dire che, insomma, mica si può considerare tutto sempre e solo nell’ottica della serietà e dello spettacolo tragico! Ci si dovrà pur divertire ogni tanto! E infatti, dietro alla terribile porta chiusa… troviamo lo scherzo finale, il mostro “bischero” che di fronte agli eroici speleologi/esploratori urbani si accorge di aver trovato due che son bischeri quanto lui. E come ha fatto il misterioso bischero a sopravvivere tutti quegli anni da solo dentro la colonia abbandonata? Boh, chi lo sa; forse era così bischero che non ci ha fatto neppure caso.
Sappiamo tutti, in ogni caso, che il cinema di Bellini ha anche dei limiti: attori non-attori, messa in scena spesso approssimativa, effetti speciali molto casalinghi, dialoghi non sempre azzeccati, e trame sempre un po’ indecise, dall’aria di essere state inventate seguendo l’estro del momento. Tali difetti (che però sono anche un marchio di fabbrica) si notano anche qui,,, MA in maniera minore, visto che questo corto non prova praticamente mai a essere serio; in ogni caso va però ribadito che se ad uno spettatore “qualunque” questo corto potrebbe sembrare un passabile pasticcio, divertente ma senza ne capo ne coda, io – che sono il quarto bischero – riconosco al suo interno tutte le tematiche di un regista che secondo me è di ricco talento, ma che consapevolmente ha deciso di metterlo al servizio dell’allegria. Un corto quindi semplice, sicuramente non “meraviglioso” “stupefacente” o “imperdibile”; ma che ha una sua dignità e coerenza se considerato all’interno del percorso del regista, bischeri compresi.
Due parole riguardo alla regia, che io trovo tutte le volte valida, a prescindere dalla storia. Mi piace soprattutto il rapporto che Bellini crea con le location che sceglie, il modo che ha di narrarne la fisicità e la “materia” della quale sono composte. Regia seria, valida, a mio parere degnissima. E bella anche la sigla, che non sfigurerebbe se messa in testa a un film horror o una produzione televisiva. Da questo punto di vista le doti del Bellini sono indiscutibili.
Detto questo, rimane soltanto da citare il graditissimo ritorno – nella bellissima sigla finale – della famigerata PARRUCCA che i fan Belliniani hanno imparato ad amare; dopodiché è già il momento dei saluti.
A presto!