00 31/05/2014 19:12
Ragazzi, Raffaele Cortile ha sfornato un vero classico.

Vi ricordo che l’anno scorso ha trionfato all’edizione numero 8 del Festival Ivan King, proponendo un classico sui vampiri, niente di originale: il morso, il morbo, la trasformazione, e quello che ho appena finito di vedere oggi altro non è che un classico; si parla di zombie questa volta.

Classico si, ma ciò che conta è come è stato realizzato. Alla stregua del signor King l’anno passato, mi sento di dire che Raffaele Cortile ha trattato un genere che è caposaldo dell’orrore, come lo zombie movie, con rispetto ed estrema competenza.

Quando un genere viene “sporcato” dal cinema mondiale, che non fa altro che deviare dalle origini credendo di essere “originale” propinandoci zombie/comedy, zombie/romance, zombie/action (Ma quando diavolo è stato l’ultimo film zombie horror? 28 Giorni Dopo di Boyle, forse…) è inevitabile che diventi il classico la vera novità, quello che il vero horror-maniac anela, e io proprio prodotti come questo vorrei vedere più spesso.

Qui, in Campania Mortis, in pieno stile Romeriano non troviamo solo l’argomento zombie trattato veramente bene ma, proprio come nei primi lavori del papà dei non morti, è anche forte la tematica sociale.
La "terra dei fuochi" individua una vasta area situata nell'Italia del Sud, caratterizzata dalla forte presenza di rifiuti tossici e non, con relativi roghi. La lunga sequenza iniziale formata da spezzoni di filmati reali fornisce allo spettatore il tempo necessario per riflettere sulla malandata situazione della zona, tutto vero, prima di introdurre l’elemento di finzione. Siamo di fronte ad un vero tributo allo zombie movie come dovrebbe essere: non è un action, è un dramma, dramma fatto di luoghi e di persone.

A tratti viene da pensare che ci potremmo meritare sul serio, anche nella realtà, una bella invasione di zombie. Chissà che un evento tanto eclatante non facesse discutere per bene le alte sfere di un problema che, per il momento, a nessuno piace affrontare.

Volendo passare ad analizzare il corto come puro sforzo cinematografico, diciamo che veniamo introdotti alla vicenda da degli scienziati (probabilmente parenti degli Americani della saga de Il Ritorno dei Morti Viventi) che hanno ben pensato di smaltire dei bidoni di sostanza zombificante senza le dovute precauzioni, e giustamente la cosa è subito sfuggita di mano.

Interessante la scelta di non seguire per forza il solito gruppetto di sopravvissuti, di non avere protagonisti fissi, se non la vicenda stessa. Sarebbe stato facile farsi attirare da un modello alla Walking Dead, per esempio. Si segue invece un po’ il vagabondare senza meta di uno zombie specifico, ricalcando lo stile se vogliamo del tanto chiacchierato “Colin” del 2008, ma nel contempo non si manca di ritornare a dare uno sguardo alla situazione generale di tanto in tanto, che degenera, e ai primi survivors, come da tradizione. Si cerca di fare un po’ di tutto, una panoramica, e la si fa bene. Si viene congedati con una sequenza dalla musica struggente atta a mostrare il “post” apocalisse, andando così praticamente a toccare ogni tipo di situazione zombie si potesse pretendere da un corto di venti minuti.

Tutto quello che è stato detto fino a questo momento è stato realizzato con perizia ed impegno ben visibili, dispendio in termini di mezzi (costumi, effetti speciali..) e numero di partecipanti, una regia molto solida, ottime musiche, più che dignitosa recitazione.

Non ho veramente nulla da obiettare, ed invito un po’ egoisticamente Raffaele Cortile a ripresentarsi di nuovo a questo Fest semplicemente perché avrei voglia di vedere altri suoi lavori.