00 01/07/2015 00:50
E’ bello di tanto in tanto vedere dei corti nei quali viene curata la parte estetica, con costumi e location scelti appositamente al posto dei soliti salotti di casa o dei vicoletti dei paesi. Questo senza nulla togliere a chi non ha in mano altro se non la propria fantasia, ovviamente. In ogni caso, vedere un prodotto come Smalto Nero rende più facile l’immedesimazione, questo è un dato di fatto: non dobbiamo faticare per “costringerci” a credere che il paesetto italiano che vediamo sia il Vermont, e questo indubbiamente ci permette di concentrarci di più sulla trama.
Ripeto: un dato di fatto, riferito in quanto tale.

Ma gli elementi positivi di questo corto non finiscono qui, e anche la trama – una dissertazione artistica sul rapporto che intercorre tra uno scrittore e la sua opera (ma anche – io credo – tra la vita e la morte) – è piacevole e interessante, un’altra parentesi personale che cerca di seguire strade diverse dal solito horror per concentrarsi su un discorso maggiormente fantastico.
Elemento benvenuto, e riuscito discretamente bene, sebbene il tentativo di far passare il tutto attraverso una cornice un po’ “aulica” abbia contribuito a rendere più nebuloso e non immediatamente comprensibile il significato dell’opera.
Ma poco male, apprezziamo molto l’esperimento. Niente in questo corto appare come il tentativo di fare “di necessità virtù”, ma anzi ogni cosa pare sfruttata attivamente per arricchire l’elemento che viene prima di tutti, e cioè la storia. Ottima cosa, per quel che mi riguarda.

Anche il fatto che non tutto venga spiegato, che elementi come il tatuaggio, o la stessa donna in rosso, rimangano volutamente ambigui, contribuisce ad arricchire la storia (ognuno poi potrà dare l’interpretazione che preferisce), che essendo non troppo complessa e con un finale azzeccatissimo - sebbene in un certo senso annunciato (non appena si rivede lo scrittore al suo tavolo, ero sicuro che da un momento all’altro avrebbe sentito un TOC TOC alla porta, e in effetti pregavo che così fosse, perché solo in quel modo l’opera avrebbe assunto il suo senso compiuto) - riesce a portare a casa la vittoria senza far eccessivo sfoggio di spettacolo o di svolte misteriose di trama, bensì adoperando nel modo migliore degli attori di bella presenza estetica e una narrazione lenta, pensata, elegante.

L’unica cosa che avrei cambiato? La parte iniziale con il soldato inseguito nella notte e la ragazza che sbuca in continuazione dagli alberi: le scene in soggettiva fanno venire il mal di mare, e la comparsa della donna misteriosa è troppo insistita. Sarebbe stato meglio a questo punto inserire un’unica apparizione più lunga e complessa. L’opera ne avrebbe giovato. Ma a parte questo non ho niente di negativo da segnalare.
Il rapporto che intercorre tra lo scrittore – che poi è una specie di Dio – e le sue opere è un argomento che personalmente apprezzo molto, e che credo possa dare spunto per infinite riflessioni. Non per niente almeno tre dei racconti che sto scrivendo per la mia antologia trattano proprio di simili concetti.

In definitiva, Smalto Nero è un prodotto personale e professionale, elegante, che non cede alle tentazioni dello spettacolo ma si incammina sicuro per la sua strada, risultando non indimenticabile o particolarmente innovativo ma di certo solido in ciò che racconta, e soprattutto intenso per quel che riguarda la messa in scena.
Bella prova.