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La santa (Cosimo Alemà, 2013)

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    Negatrice di Gioie
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    00 10/04/2022 21:05
    Quattro disperati organizzano un colpo a loro detta semplicissimo: rubare la statua della santa patrona di un paesino dell’entroterra pugliese.
    La domanda del meno furbo del gruppo, “Se è così semplice, perché nessuno c’ha mai pensato?”, si rivelerà profetica, perché se è vero che in chiesa non ci sono allarmi, il paesino è isolato e il giorno dopo la processione in giro non si vede nessuno, fuggire con la refurtiva si rivelerà un’impresa assai ardua, perché i locali la loro santa non la lasceranno andar via a mente serena, e in nome di una devozione religiosa ignorante e superstiziosa si dimostreranno pronti a spargere sangue.

    Abbandonate le battute di quello spassosissimo gioco (o sport, che dir si voglia) che è il soft-air, Cosimo Alemà nel suo secondo lungometraggio, pur mettendo in scena sostanzialmente un’altra “caccia all’uomo”, cambia completamente ambientazione (dai boschi collocati in un punto imprecisato del mondo ai vicoli labirintici di un vecchio paesino del Salento), genere (dallo slasher al… boh, noir, thriller, giallo, dramma, vabbè chissenefrega), e soprattutto finalmente imprime uno spessore e un’intensità ai protagonisti, al punto che non si può non affezionarsi a questi quattro “ladri profanatori”, che sono poi i buoni della storia, con le loro miserie, le loro debolezze e i loro sogni.
    E stavolta sì, che si soffre insieme a loro, si sta in tensione durante il loro disperato tentativo di fuga, si sussulta quando da ogni vicolo potrebbe spuntare qualche devoto paesano armato di fucile.
    Gli attori se la cavano tutti egregiamente, non soltanto i protagonisti ma anche le figure di contorno (e, mirabile dictu, sono italiani).
    I dialoghi stavolta aiutano, sono realistici e scritti bene. Divertente quello iniziale sui film horror, con il tontolone del gruppo che puntualizza cose tipo “se ti inseguono con la motosega non puoi chiuderti in un capanno di legno” o “quando sparano agli zombi, tecnicamente li ri-uccidono, perché sono già morti”, e interessante la dissertazione in chiesa del duro Agostino, unico criminale vero del gruppo, su religione/sesso/libertà, davanti ad una platea di giovani allieve della scuola cattolica.

    Unica pecca, sorvolando su qualche perdonabile ingenuità nella sceneggiatura, la solita fastidiosa presenza di sfocature e messe a fuoco continue che a me dà sui nervi, ma si vede che al regista piacciono tanto (sempre che sia una cosa voluta, perché alle volte mi sembrano le stesse dei filmini che facevo a mio figlio quand’era piccolo).

    Per me promosso a pieni voti e decisamente superiore al precedente.

    Peccato che il successivo lavoro di Alemà sia “Zeta - Una storia hip-hop”, il cui titolo diciamolo, non invoglia un granché alla visione.
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    MD-MAniak
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    Registrato il: 24/11/2006
    Utente Master
    00 08/05/2022 19:42
    Mah, giacchè in effetti siamo sul noir l' ho spostato in qst sezione, sennò anche Diabolik e Sensi dovrebbero stare in Cinema horror, allora.

    E cmq, At the end of the day che era più horror di questo pur non essendo cmq horror, gli dava parecchie piste.

    Anche xke il fatto che non ci si perdesse in troppe spiegazioni era un bene, mentre qua, insomma... non viene spiegata la cosa principale, che è: ma come cacchio avrebbero fatto a cavare soldi da quella statuetta demmerda?? Era fatta di silicio? Avrebbero richiesto un riscatto? O cosa?

    Al netto di ciò, lo schema è lo stesso del film precedente, ma senza una vera unità, visto che dal momento in cui le storie si diramano l' unità di tempo sembra andare a farsi fottere e si perde il filo, e sembra di assistere a microstorie male amalgamate: deliranti la parentesi in chiesa, che sembrava ad un certo punto volere sfociare in un remake de La settima donna (mentre invece...), e la sottotrama relativa al ritardato del gruppo. Ora, sta cosa del ritardato con sovente turbe sessuali annesse (che infatti pure qua non mancano) è una trappola in cui gli sceneggiatori continuano a cadere spesso: posso capire quando ci si porta dietro Lombardo Radice ad una festa in una villa semplicemente perchè la home invasion non è pianificata (anzi, in quel caso il piano lo aveva elaborato la controparte, ed il mitico Ricky finì per essere il personaggio a cui mi affezionai di più), ma diosanto (visto il tema, ci sta), perchè portarsi certi elementi dietro quando devi fare un colpo? Me lo faccio andare bene col duo di sbandati di Dal tramonto all' alba, speculare per certi versi a quello di La casa sperduta nel parco. Ma in La horde, per dire? E qua? Okay, si tratta quasi sempre del fratello di qualcuno della banda... ma ciò che cazzo giustifica? Non è che se ho un fratello paraplegico me lo porto appresso se devo andare a borseggiare o a rubare motorini, no? E allora, che cazzo si portano dietro ritardati e storditi in situazioni criminose ad elevato stress: sarebbe già problematico per me portarli al cinema o a puttane, figurarsi a fare una rapina. Ed il bello è che i complici lo fanno notare all' interessato sempre e soltanto pochi minuti prima di entrare in azione (mai prima?) così è troppo tardi per tornare indietro: e, ma no no, tranquilli, ce la farà. Ma tranquilli un cazzo! E difatti... anche se qua il resto della banda bassotti non è che fosse messa molto meglio.

    Ah, e il colpo di scena, insomma, come dire... non è davvero un colpo di scena.

    Poi va bene che Alemà saprebbe girare bene persino lo spot dei preservativi, però lo stile è davvero l' unica cosa memorabile qua.


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    "Quanta benzina abbiamo?"

    "Non molta."

    "Okay..."