C'è chi si chiede cosa ci trovassimo di così speciale nell' Argento dei tempi d' oro noi fan di Argento, io credo di avere capito cosa ci trovassero nel Di Leo dei tempi d' oro i suoi fan, ma di mio ho sempre faticato a vederlo (e, sì, vale pure x Milano calibro 9).
Comunque a corrente alternata recupero qualcosa per dare al buon Fernando una chance postuma, e questa volta è toccato al poliziotto marcio interpretato da Luc Merenda, nome sugli scudi all' interno di un cast per l' epoca stellare: ecco, mi son fatto l' idea che Di Leo, come un po' anche Argento, sia stato fortunato a lavorare in un periodo in cui la scuola recitativa italiana forniva maschere superbe che quasi da sole tiravano la carretta; Argento di suo seppe metterci anche scrittura, colonna sonora e tecnica avanguardistiche, in seguito si concentrò pure su luce ed effetti speciali trascurando vieppiù proprio il comparto recitativo, in maniera sempre più autolesionista a dire il vero, ma almeno fece lo sforzo di sperimentare ed evolversi. Di Leo semplicemente no: ho sempre trovato la sua messinscena grezza ed elementare, sottolineata da musiche del pur pregevole Bacalov che a me neppure esaltano, ed in questo film mio coetaneo è la fantasia del sottovalutato autore Sergio Donati (C'era una volta il West ,e Holocaust 2000, tra gli altri) l' unico elemento che salva il regista aldilà degli interpreti.
Brutto segno se anche i film più misogini e reazionari del regista, come Avere vent' anni e soprattutto Vacanze per un massacro non mi abbiano mai convinto appieno proprio per la trasandatezza della messinscena: i fan giustificano la cosa con la fisiologica pochezza di mezzi con cui il loro beniamino dovette misurarsi già alla fine dei Seventies, ma dal canto mio non ho mai visto tutta questa cura nemmeno nelle sue produzioni più ricche.
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"Quanta benzina abbiamo?"
"Non molta."
"Okay..."