Scorrendo i titoli che compongono la filmografia del regista, tendo a credere che questo sia sostanzialmente il suo capolavoro.
In pratica è il remake in chiave moderna (moderna si fa per dire, è del ’71) di quel gioiello che è Delitto per delitto aka L’altro uomo di Hitchcock, con variazione a sorpresa sul finale.
L’idea di base quindi è quella di due sconosciuti, ciascuno con una presenza ingombrante nella propria vita, che si scambiano il delitto per eliminare il movente che potrebbe incriminarli ed avere un alibi al momento dell’omicidio.
Nei ruoli che vent’anni prima furono di Farley Granger e Robert Walker, troviamo Tomas Milian (con la sua vera voce dall’accento cubano, che non avevo mai sentito) e Pierre Clementi (doppiato da Giannini), a mio parere strepitosi e infinitamente più magnetici dei loro predecessori.
Milian misurato e pragmatico, uomo di mondo e “di molti compromessi”, Clementi passionale ed ambiguo, figura affascinante di nobile decadente, esangue come un vampiro; il primo infelicemente sposato con una ricca e dispotica imprenditrice, il secondo vessato da un fratello violento.
Il rapporto fra i due uomini, opposti ma in un certo senso complementari, è il vero fulcro del film, che a differenza della pellicola di Hitchcock, giallo/thriller in senso stretto, si focalizza sulla psicologia dei personaggi e predilige un’atmosfera malinconica e drammatica, complice anche la suggestiva ambientazione in una Venezia invernale e nebbiosa, dove Aldo Lado, qui fra gli autori del soggetto, girerà di lì a breve il suo “Chi l’ha vista morire?”.
Forse sono troppo innamorata degli anni ’70 o forse di cinema non capisco proprio un cazzo, perché questo film a me è piaciuto anche più del classicone originale.
Se non l’avete visto, fatevi un favore e andate a recuperarlo.