Il secondo film girato da Fernando Di Leo è un erotico.
Ora, io di film erotici non so niente, tant’è che nel mio immaginario si affollavano titoli di commedie scollacciate tipo “W la Foca” o “Quel gran pezzo dell'Ubalda, tutta nuda e tutta calda”, piene di pessimi attori, battute triviali, gente arrapata, e scene di nudo che forse 40/50 anni fa potevano scombussolare gli ormoni ma oggi sono ordinaria amministrazione in un qualsiasi film trasmesso in prima serata.
E non riuscivo a capire cosa ci azzeccasse quel figo di Di Leo con questo genere-spazzatura.
Poi ho capito il misunderstanding. Il film erotico NON E’ la commedia sexy. E ok, niente Foca e niente Ubalda, fortunatamente.
Detto questo, immagino che per l’epoca vedere Gianni Macchia in costume bianco attillato (lui sì che meritava l’appellativo di Er Mutanda) scambiare effusioni con donne con mezza tetta di fuori fosse estremamente emozionante. Ad oggi fa sorridere.
Ma non è questo il punto. Il vero “scandalo” della pellicola, che tra l’altro non è nemmeno una commedia ma un film drammatico, è che per la prima volta viene affrontato il tema, vero tabù per il periodo, dell’orgasmo femminile, e mica di striscio, anzi, l’argomento è proprio il fulcro della storia, dal momento che tutta la vicenda ruota intorno al fatto che una signora borghese in vacanza tradisce il marito con un giovane bagnino e scopre che il sesso dovrebbe essere anche per la donna fonte di gioia e non un atto meccanico e fastidioso a cui sottoporsi come un dovere incluso nel contratto matrimoniale.
La parola “orgasmo” non viene naturalmente pronunciata neanche per sbaglio, ma Di Leo è esplicito come sempre e, come farà anche nei suoi successivi lavori, innesca una riflessione che non risparmia nessuno, anche se è evidente che la critica più aspra è rivolta alla borghesia benpensante ed ipocrita.
All’epoca, manco a dirlo, il film venne fortemente osteggiato dalla censura, che inizialmente lo ritirò nonostante il successo di pubblico, e infine (ci fu pure un processo che si risolse a favore di Di Leo) applicò un orrendo effetto “retato” nella scena di sesso tra la Brochard e Macchia, che se Di Leo avesse il telefono del signor Harrigan, dalla tomba invierebbe ancora oggi messaggini di testo con scritto “MALEDETTI BASTARDI”.
Un film che sicuramente non è un capolavoro, ma che già fa capire di che pasta era fatto il Ferdi.
Da recuperare senz’altro per chi apprezza il regista, ma anche per farsi un’idea del momento storico in cui, in un’Italia dominata dalla cultura cattolica, spuntavano i primi germogli della rivoluzione sessuale.