Etologo americano si trasferisce in Africa per studiare i grandi felini nel loro habitat naturale. A parte qualche diverbio con i bracconieri locali, tutto procede per il meglio. Gli animali sono abituati alla sua presenza, entrano in casa e giocano con lui come fossero gattini da compagnia. La situazione si fa complessa quando dagli States arriva la famiglia dello studioso (e lui non è in casa).
Per qualche strana ragione, mi ero messa in mente che sto film si basasse su una storia vera e che tutti finissero sbranati (evento che ho atteso invano fino ai titoli di coda).
Nonostante questa piccola delusione della mancata carneficina, nonostante la trama sia poco più che un pretesto, devo ammettere che Roar ha un suo fascino spettacolare che surclassa qualsiasi documentario o film di bestie assassine che abbia mai visto. Qui abbiamo un'ammucchiata di centinaia di veri leoni, tigri, pantere, leopardi, irruenti e allo stato brado, in mezzo a cui si muove (più o meno disinvoltamente) il cast, e non parlo di qualche scena, ma dell'intera durata della pellicola, che tiene incollati allo schermo proprio per la natura delle immagini, indubbiamente bellissime, ma in qualche modo da brivido, estreme ai limiti dello snuff, perché si avverte la spontaneità e l'imprevedibilità delle situazioni.
A parte la palese follia del protagonista, che si mette di mezzo in una rissa fra leoni da tre quintali l'uno, quando Melanie Griffith viene sotterrata sotto il peso di un leone gigantesco, che le tiene la faccia a terra con una zampa che è più grossa della sua testa, o quando Tippi Hedren viene sollevata da un elefante visibilmente incazzato che poi la scaglia via, si capisce perfettamente che di finto non c'è niente e che tutto quello che stiamo vedendo è assurdamente pericoloso.
Sono andata a informarmi nell'internet e ho scoperto che il regista, che è anche il protagonista, nonché sceneggiatore e produttore, è un certo Noel Marshall, produttore tra l'altro dell'Esorcista, un pazzo totale intrippato con l'ecologismo che ai tempi era sposato con Tippi Hedren, pure lei a quanto pare in periodo animalista convinto. In pratica la coppia era in fissa con la questione dell'estinzione dei grandi felini e voleva girare un film che sensibilizzasse il pubblico sull'argomento, dimostrando la possibilità di una pacifica convivenza tra uomo e natura selvaggia. In realtà, andando a guardare i servizi fotografici dell'epoca, con la Hedren in pose varie col leone domestico all'interno della sua villa, l'impressione è quella del "ricco eccentrico che fa cose trendy e un po' hippy".
Ma chi sono io per giudicare la loro buona fede?
E quindi fin qui tutto ok, senonché pare che i due svalvolati, non trovando un sufficiente numero di felini ammaestrati, decisero bene di girare il film buttandoci dentro anche animali selvaggi presi direttamente sul posto. E a sto punto, perché non buttarci dentro anche i tre figli?
Ed ecco che l'intera famiglia Marshall in un attimo si guadagna temeraria il primo posto nella classifica delle famiglie a rischio estinzione, diventando la protagonista di quello che alcuni definiscono "il film più pericoloso della storia" (sembra che un sacco di gente della troupe, tra cui le stesse Hedren e Griffith, si fece male sul serio durante le riprese), che tra l'altro costò un botto e incassò pochissimo.
Dateci un 'occhiata e ditemi se non è weirdissimo.