Filmetto che all' inizio degli anni Novanta diventò sorprendentemente inflazionato, visto che campeggiava in ogni videoteca (col titolo Illusione infernale) e passava frequentemente su Notte horror. Sorprendentemente, sì, xke in fin dei conti non è nulla di che, e divenne in auge un po' in virtù dello stesso meccanismo che anni prima fece la fortuna pure di Nightmare: poca fortuna al cinema, poi l' home video lo rilanciò.
Niente a che vedere col successo del film di Craven, beninteso, ma senza essere diventato iconico qst Waxwork ha cmq generato un sequel e ha a ben vedere un suo preciso valore storico.
Il figlio d' arte Hickox (suo padre Douglas sfornò lo spassoso Oscar insanguinato) realizza infatti un ideale ponte tra due decadi straripanti (volti e look degli attori, e gran parte dell' immaginario horror provengono da Seventies ed Eighties) ed una tristanzuola (la pur dignitosa fotografia di Gerry Lively, ke poi diverrà un fedelissimo di Yuzna, fa presagire il piattume anni Novanta). Hickox fa un buon lavoro nel coniugare film tradizionale e film ad episodi, ribaltando quasi la struttura classica di quest' ultimo: se nei classici portmanteau si assiste in genere ad episodi corposi incastonati in una cornice striminzita, qua si assiste ad una trama strutturata in maniera tradizionale in cui vengono incastrati episodi minuscoli. Mostri più o meno classici, umani e non, si ritagliano così a turno il loro piccolo spazio: tra i tanti, merita una menzione il secondo siparietto, truce e truculento, che vede all' opera vampiri che oltre al sangue non disdegnano la carne, e paiono in qualche modo precursori di quelli che rivedremo in Dal tramonto all' alba e Vampires; la scena nello scantinato resta impressa per la contrapposizione tra il candore dell' ambiente e il rosso vivo dei geyser di sangue che lo inonderanno: pare quasi un prestito da Argento, che il regista infatti cita tra i numi tutelari nei titoli di coda, e che sembra omaggiare in almeno altre due occasioni, ovvero quando introduce un ispettore di polizia che sembra una copia di Urbano Barberini in Opera (lineamenti, acconciatura ed abbigliamento sono quasi identici), e poi quando propone un finale (con tanto di incendio fintissimo!) estrapolato dal ciclo delle Tre Madri.
Il valore artistico non è elevatissimo xke gli attori sono mediocri (il doppiaggio italiota del resto non aiuta), gli effetti splatter del pur bravo Bob Keen sembrano avere risentito di un budget limitato, ed il giochetto metacinematografico che regge benino x almeno due terzi di film alla fine stanca complice anche una chiosa tirata via. Però, a ben guardare, il prefinale anticipa la conclusione del celebrato Quella casa nel bosco, il trio del museo composto da un David Warner in formissima ed affiancato da due assistenti che ricordano Lurch degli Addams ed il nano di Fantasilandia è una trovata vincente, e i titoli di coda accompagnati da un brano di Lesley Gore sono spassosi.
Considerato che il film risale al 1988, anno in cui in Italia venivano prodotti La casa 3, Zombi 3, Quella villa in fondo al parco e Killer crocodile, per dire, tutto sommato non c'è da lamentarsi.
[Modificato da MD-MAniak 11/06/2022 15:00]
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"Quanta benzina abbiamo?"
"Non molta."
"Okay..."