00 04/01/2023 13:01
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Io non capisco per quale cacchio di motivo questo regista abbia diretto solo due thriller e sia finito poi a dedicarsi per anni alla realizzazione di documentari per le forze armate.
È assurdo. Anche perché immagino che le offerte non gli saranno mancate, visto il successo riscosso all’epoca dal Gatto dagli occhi di giada e dal successivo Solamente nero.
Volevo recuperare “I miei sogni in pellicola”, la docufiction autobiografica girata nel 2019, giusto per rendermi conto dello stato mentale di quest’uomo, ma è introvabile.

Resta il fatto che questi due per me sono tra i migliori gialli del periodo.
Nonostante le molte suggestioni argentiane, e anche avatiane e un po’ pure fulciane, senza parlare dell’omaggio a Hitchcock nel finale di Solamente nero, Bido dirige due film nettamente superiori alla media dei tanti cloni prodotti in serie, dimostrando una sensibilità e un gusto particolari, che nel Gatto emergono soprattutto nell'ultima mezz'ora, un po’ più svincolata dalle imposizioni dettate dalla produzione. Ed è infatti proprio nell’ambientazione provinciale padovana che si coglie una vena malinconica che è evidentemente più vicina alla personalità del regista che agli stilemi del genere; per certi versi, Bido sembra più interessato alle connotazioni psicologiche che al risvolto propriamente thriller, e questo si conclama nel finale, originale (per l’epoca) e profondo nello svelamento dell’assassino e delle sue motivazioni.
Splendida la colonna sonora, bravino Corrado Pani (una boccata d'aria fresca dopo la visione di diversi film di Sergio Martino, dove il protagonista maschile è sempre George Hilton), ottima la resa della tensione, particolare la sequenza nella casa/ospizio.
In Solamente nero, più libero nelle scelte grazie agli incassi dell’anno prima, Bido sposta l’ambientazione nell’inverno nebbioso di una desertica laguna veneta, dove il forestiero Capolicchio si aggira per le calli silenziose, seguito dagli sguardi diffidenti dei paesani che spiano il suo passaggio da dietro le finestre chiuse. C’è in effetti molto di quell’atmosfera da Casa dalle finestre che ridono, fatta di omertà, di segreti che tutti conoscono ma di cui nessuno parla, di orrori del passato che giacciono sopiti ma soltanto a nominarli potrebbero tornare a galla. Ma c’è anche, molto più che nel film precedente di Bido, un’attenzione particolare al dramma umano, alla psicologia dell’assassino, che per coprire la colpa del passato è costretto a reiterare il peccato di cui si è macchiato.

Nel caso in cui qualcuno non li avesse ancora visti, da recuperare entrambi senza se e senza ma.