00 26/03/2007 20:13
Si comincia male, perché i titoli di testa son lunghi e non raccontano nulla.
L'incipit è tutto troppo lento e povero di storia. Ho già spiegato altrove che, in un corto, certe cose non le apprezzo.

Si continua poi male, quando uno dei protagonisti sembra dire più a noi spettatori che al suo aiutante da quanto tempo non si abbiano notizie della famiglia. Licenza cinematografica abusata, quella di rendere credibile un'uscita del genere: possibile non ne avessero già parlato durante il tragitto?
No, non è possibile.

Mi soffermerò sul plot, perciò dico subito che non ho letto il racconto della Teodorani, e che baserò le mie impressione solo su ciò che ho visto nel corto.

Non amo, personalmente, i film coi poliziotti. E' un modo di raccontare il crimine molto all'italiana. Il noir italiano, il noir nostrano da ultima generazione, sembra proprio non volersi staccare dalla divisa come motore della storia. Si racconta il crimine partendo da chi il crimine deve affrontarlo per mestiere. Per obbligo. Per necessità.
Un modo di avvicinarsi al "male", di giustificare l'azione investigativa dei personaggi che ho sempre trovato facile e poco avvincente.
Trovo che il partire dalla professione di poliziotto per parlare poi di assassinio sia scontato, aspetto tipico, purtroppo, della fiction televisiva.
Preferisco che a trovarsi nei guai sia un soggeto qualunque, mosso magari da motivazioni psicologiche, emotive, affettive, più che meramente professionali.

Ma andiamo oltre.
I cadaveri, subito sbattuti in faccia allo spettatore, fanno il loro porco effetto. Sono spaventosi, nascosti nell'ombra, ammiccano alla sola luce delle torce.
Di straordinario impatto, davvero. Un'impennata mica da poco, dopo un inizio zoppicante.
Ecco che arriva il canto-della-bambina, però. E quello proprio non lo perdono.
Non lo perdono per due motivi: 1) di voci infantili ne ha fin sopra i capelli chiunque abbia visto più di dieci film dell'orrore. Anche questo è un classico da cui proprio stentiamo a staccarci. Pare che i disastri della talidomide continuino a torturare gli incubi di molti; 2) dice tutto sul finale. Appena comincia a cantare, la piccola, comprendiamo la sua natura fantasmatica. Così il corto finisce col segarsi le gambe da sé, anticipando quello che poi tenta, inutilmente, di far passare per colpo di scena.

Le carenze maggiori sono da ricercarsi nell'atmosfera che il film mette su. Un'atmosfera da cronaca nera, da fiction, come dicevo, da ricostruzione televisiva di una delle tante tragedie familiari descritte a titoloni fenomenali dai giornali del mattino.
Ripeto: non ho letto il racconto della Teodorani, e parlo unicamente per ciò che ho visto nel corto.
E ho visto cose scoraggianti. C'ho visto dentro lo spirito artistico dell'italiano che riduce tutto a sceneggiato poliziesco, perdendo sfumature, profondità, mischiando i nuovi dettami del giallo televisivo (di cui è tristemente schiavo pure l'ultimo Argento de Il Cartaio) a quelli fintamente innovativi dell'horror perso dietro a bimbi spiritati.

Ma ne abbiamo visti, di ragazzini mostruosi. Ne abbiamo ascoltate, di nenie.

[Modificato da Steveau 26/03/2007 20.15]

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"Si staranno preoccupando per noi?"
"No, non ancora. Dovevamo incontrare i camion venti minuti fa; si faranno vedere soltanto fra un'ora e mezza. Alle due, cominceranno a chiedere a
qualcuno se c'hanno visto. Alle tre ci cercheranno nei bar, e verso le quattro si arrabbieranno. Alle cinque, forse qualcuno capirà che ci siamo persi. Alle sei, il capitano penserà di chiamare il comando, e lo farà solo alle sette e mezza. Dal comando risponderanno che è tardi e
che ci penseranno domani."