00 13/04/2008 17:06
Vediamo.

Si comincia molto bene, perché i titoli di testa sono buonissimi, sebbene ne abbia abbastanza di fotografie appese al muro, e buono il crescendo musicale.
Si capisce al volo che è un prodotto sopra la media amatoriale.
Bene.


A seguire, c'è poi una scena da ufficio.
Hm.
L'atmosfera che salta all'occhio, subito, è quella di un prodotto amatoriale.
Oh, un attimo. No, perché poco fa dicevo il contrario...

Fiction televisiva. Questo sembra, un estratto da La Squadra, da Distretto di Polizia.
Senza troppe pretese.
Aleggia un fumo opaco e sempliciotto da produzione all'italiana anni duemila, e la recitazione di tutti non porta lontano da questa opinione.
E va be', magari a voi sta bene così, ma da un regista indipendente ci si aspetta una caratterizzazione originale di tutto, pure delle imbottiture delle poltroncine.
Io lo chiamo entusiasmo. Voglia di fare.
Avvicinarsi alla moda elementare della distribuzione popolare da divano post-cena è deprimente.

Ma andiamo oltre.


Dico subito che il corto ha un suo fascino.
Anzi, partiamo da prima. Dal titolo.
Coraggioso citare, magari senza saperlo, un capolavoro di Konchalovsky.
Meno coraggioso, anzi odioso, uscirsene con un horror che parla di un professionista.
Ista. Ista. Ista.
Sono tutti ISTA da qualche anno a 'sta parte.

Il fascino.
E' fascinoso il cinema, fascinosa l'immagine dei corpi con l'affare al posto della testa.
Molto fascinoso. Ti resta impressa, giuro.
E infatti ho poco da dire sul lato horror di questo prodotto.
L'idea è buona.

Ma è anche chiaro che l'elemento horror andrebbe calato in una pre-esistente vita normale da personaggi.
Soprattutto qui, dove la ripetizione filmica, coatta, della vita delle protagoniste è centrale.
Allora, quelle vite riprodotte dovevano avere un senso particolare.

Mi spiego meglio: se Jason esce dal lago, si asciuga al chiaro di luna e poi fa secchi due che scopano, allora, chissenefrega di chi erano quei due.
Sono vittime, punto.

Qui, invece, non c'è solo la morte. Non c'è solo uno che prende il primo che capita e lo fa secco con la sega.
No.
Qui c'è uno che prende la gente, taglia teste, e proietta su schermo le loro vite. O gli ultimi atti delle stesse.

Perciò ci si chiede: perché proprio queste vite?
Perché proprio 'ste due?

E attenzione: è un bene che me lo domandi.
Vuol dire che l'idea che mi sono fatto del vostro serial killer non è quella del mostro coi paraocchi che prenderebbe a testate pure i tronchi d'albero.
Vuol dire che un'anima al vostro killer l'avete data.
Ma che anima è?

Diciamoci la verità: non lo sapete manco voi.
Non avete la più pallida idea del perché abbia scelto queste due.
Scelto, sia chiaro.
Perché se si decide che il film è basato sul film di una vita vissuta dai protagonisti, allora la vita dei protagonisti deve per forza avere un collegamento con la morte. Un senso per l'intero plot.
Circolarità.

Esempio idiota: se ad esempio la vittima era uno che aveva qualcosa da nascondere, che ne so, una colpa che cercava di dimenticare in tutti i modi, il costringerlo a rivederla avrebbe avuto senso come nemesi da parte dell'assassino, votato a una forma malsana di sommaria giustizia.

Continuo.
Il film mi ha ricordato molto il corto che precede l'uscita di Saw.
L'enigmISTA, sì.
Anche lì, come qui, dell'assassino non viene spiegato un cavolo.
Chi sia, da dove venga... Zero.
C'è solo un enigma, terribile, e una morte, terribile... ( tra l'altro andatevi a rivedere Phibes, il primo, per capire da dove viene il "geniale" fautore di Saw...)
Ma, se non ricordo male, il poveraccio che si salverà dall'infernale giochetto, ha informazione sul perché del suo essere prigioniero dalle labbra di legno del pupazzetto argentiano: "hai fatto una vita sregolata..." e bla bla.
Un motivo c'era.

Ora, anche qui, un motivo si cerca. E forse si cerca ancor di più.
Si cerca, proprio perché, lo ribadisco, il plot stesso è fondato sulla ripetizione visiva di una vita vissuta.
Sul rivivere qualcosa.
E non basta rivivere un compleanno e un'amicizia in cui serpeggia del sano lesbo.
Non basta.
Perché cavolo rivedere tutto questo in punto di morte, se con la punizione, l'odio, o che so io, non ha alcun collegamento?

Così, Il proiezionsta appare come il lavoro di uno che scavi una buca.
Sì.
C'è uno che esce di mattina presto, badile in mano. Prende l'auto, arriva in un prato, scava e scava e scava...
E tu sei lì, che lo segui mentre smuove la terra, mentre si libera di sassi e vermi, e hai la bava alla bocca della curiosità, domandandoti che cavolo stia facendo.
Lui scava, scava... Va a fondo, e tu a fondo con lui.
Quando ha finito, poi, quando è al livello del terreno con la sola testa, esce dalla buca, rimonta in auto, torna a casa, e fine.
Fine.

Avete scavato una buca, e io vi sono venuto appresso.
Siete entrati, usando la chiave violenta del vostro assassino, nell'intimità di due persone.
E io dietro, con voi.
Vi ho seguito mentre le sbirciavate in ufficio, per la strada, in casa a festeggiar compleanni.
Con voi, dietro, come un cagnolino di Pavlov, la bava sollecitata da uno scampanellio che preannunciava pasti a base di segreti inconfessabili.
E dietro a voi pure quando me le avete fatte morire sotto gli occhi, in un cinema che riproponeva il nostro viaggio.
Poi m'avete abbandonato. Proprio come un cagnolino.
M'avete lasciato su un cavalcavia a 300 km dall'uscita PERCHE'?, siete tornati a casa e fine.
Fine.
Alzo la zampetta, faccio l'autostop, e mi chiedo ancora cosa cavolo vi abbia seguito a fare, se sono morte senza alcun motivo.
Almeno potevate evitare di farmici credere, a un motivo.
Potevate far uscire il proiezionista dall'acqua, farlo asciugare al chiaro di luna, e armarlo contro due che scopavano.
Nemmeno dalla cuccia, mi sarei mosso.


Corto inconcludente, che fa un passo avanti e uno indietro.
Corto che resta fermo, che fa la finta e poi rimane dov'è.
Peccato.

Ma non abbandonate l'idea: è buona, davvero, l'ho già detto.
Sviluppata nel giusto modo, può tirar fuori un'icona killer niente male.
Magari per un lungo.
Auguri.



[Modificato da Steveau 13/04/2008 17:11]
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"Si staranno preoccupando per noi?"
"No, non ancora. Dovevamo incontrare i camion venti minuti fa; si faranno vedere soltanto fra un'ora e mezza. Alle due, cominceranno a chiedere a
qualcuno se c'hanno visto. Alle tre ci cercheranno nei bar, e verso le quattro si arrabbieranno. Alle cinque, forse qualcuno capirà che ci siamo persi. Alle sei, il capitano penserà di chiamare il comando, e lo farà solo alle sette e mezza. Dal comando risponderanno che è tardi e
che ci penseranno domani."