00 20/04/2008 11:30
Corto Terzo è un buon lavoro, interessante e curioso, che tratta temi classici riproponendoli in modo molto personale e, nonostante il ricorso a simboli e luoghi piuttosto scontati, riesce ad aggirare il rischio dello stereotipo, grazie ad un uso mai banale delle immagini.
L'inizio, con la luna piena e il mare in tempesta, e il profilo della casa (splendida, tra l'altro) che si staglia su un cielo cupissimo, è suggestivo ed infonde nello spettatore il senso di minaccia che incombe, ancor prima di averne conferma dalle parole del protagonista.
Una volta entrati nella villa, intrappolati in essa come lo è il guardiamarina Fortunato Stefano Crudeli, ci ritroviamo sospesi in un luogo senza epoca. A parte il telefono, che comunque "non serve a un cazzo" (e che io avrei evitato del tutto di portare in scena), non c'è in effetti nient'altro che ci riconduca con facilità ad una precisa collocazione temporale. E questo contribuisce a rendere la situazione ancora più destabilizzante, a far crescere il senso di smarrimento, impedendoci l'appiglio a un qualsiasi elemento "rassicurante".
C'è l'ignoto, nascosto in cantina, mentre fuori si scatena la furia degli elementi da cui "la creatura" si è materializzata.
Bello, claustrofobico, mi piace. E mi piace anche tutta la parte della prima incursione in cantina, con quegli azzeccati movimenti di camera, l'ottima fotografia, i colori saturi, e l'ambientazione sporca e marcia.
Continua a piacermi, più o meno fino a quel "bastaaa" , urlato male, ma inquadrato splendidamente, così come l'intera scena, sulla tazza del cesso, che prelude alla riscossa del nostro.
Il problema non sta tanto nella riscossa in sè, con quella machissima e un po' patetica preparazione atletica da film horror anni 80, e neanche nel confronto fisico con "la cosa", che sebbene mostri un po' i limiti della produzione amatoriale, risolvendo lo scontro in una serie di frenetiche soggettive del mostro e urla del protagonista, dà ulteriore prova dell'innegabile estro del regista in materia di inquadratura e montaggio.
Quello che in realtà ho gradito di meno, è la svolta, un po' troppo conciliante per i miei gusti, che la storia prende verso la fine, e che raggiunge l'apice con quel "si può vincere" conclusivo, a mio parere un po' estraneo al racconto e ai toni cupi che lo caratterizzano.
Altro elemento non del tutto convincente è l'interpretazione di Bianchi, a tratti un po' "legnosa" e in parte penalizzata dal forte accento. Cosa che sottolineo per "dovere di cronaca", ma che, personalmente, mi ha infastidita molto poco, dal momento che il suo modo particolare di parlare a me garba parecchio, e ritengo abbia contribuito a conferire originalità al personaggio e, di conseguenza, allo stesso racconto.
Ottimo cortometraggio, realizzato con molta cura e originalità da un regista bizzarro e pieno di talento.