votato guardabile e vi copio la recensione :
Io detesto scrivere recensioni dei film di John Carpenter. Se ci fate caso, nel sito, la maggior parte dei film del sopraccitato regista sono scritte da altre persone. Questo perché io amo follemente il cinema di John Carpenter e pertanto, correndo il rischio di non risultare mai obbiettivo, preferisco che siano altri, forse meno condizionati di me, a paralre di lui. Ma dopo quasi 10 anni di assenza dal grande schermo, l'ultimo film è “Fantasmi da Marte” se si eccettuano le due parentesi televisive “Masters of Horror", il maestro è tornato e io davvero non posso fare a meno di parlarne. Di parlarne bene, s'intende. Anche se, insomma, a dirla tutta “The Ward” non è da considerarsi opera di grande rilievo o particolare impatto emotivo e visivo. “The Ward” è un onesto, seppur fortemente derivativo, prodotto diretto con mestiere, eleganza ed indubbie capacità narrative. La storia ruota attorno ad una strana casa di cura, dove la giovane Kristen ed altre 4 ragazze sono sottoposte ad un recupero psichiatrico di stampo sperimentale. Ma come se sedativi, elettroshock, isolamento ed altre coercizioni varie non bastassero ecco spuntare un mostruoso spettro che, ferocemente, inizia ad eliminare le ospiti del posto. Cercare di sopravvivere, fuggire dal manicomio e, soprattutto, venire a capo del mistero che ruota attorno al fantasma, sarà un autentico shock per la bella Kristen. Se lo spunto non suona nuovo, ancor meno lo sono scneggiatura e twist assortiti, sparsi lungo il corso della pellicola. Debiti nei confronti di “Identità” e persino “Ragazze Interrotte”, tensione grande assente e interpretato da volenterose, ma non sempre esaltanti, attrici. Adesso però basta infierire sul maestro e veniamo ai punti positivi. Ovvero il maestro Carpenter stesso che con il suo grande mestiere conduce il film ben bilanciando il suo stile, se vogliamo “classico”, con un linguaggio moderno e perfettamente fruibile dall'attuale pubblico medio. Assistito dalla buona fotografia di Yaron Orbach, Carpenter più che puntare sul “brivido”, difficile da raggiungere per una vicenda così prevedibile, si interessa di atmosfere algide (algide proprio come una “teoria” psichiatrica) in contrasto con empatia umana e sviluppa la pellicola come un processo psicoanalitico, dove i protagonisti sono topi in trappola all'interno di un edifico labirintico paragonabile alla più confusa ed ossessiva delle menti umane. L'effetto migliore “The Ward” l'ottiene proprio dopo la visione, in un lasso di tempo prolungato durante il quale, aldilà della sua apparente banalità, viene fuori il gioco di rimandi e simbolismi imbastito da Carpenter. Pertanto seppur forse più adatto, in versione condensata s'intende, ad un episodio della serie “Masters of Horror”, e seppur tuttaltro che brillante il film si erge aldisopra della media, non altissima invero, dei prodotti recenti dello stesso “filone”. E' stata una faticaccia evitare di osannare anche questa volta il maestro; un'autentica impresa restare (il più possibile) oggettivi.