“Perdita di fiato” è sicuramente un corto interessante, piacevole, molto maturo e girato da qualcuno che sa quello che fa. Mi ha convinto, anche se ho alcune perplessità riguardo stile e storia che vorrei far presenti. Il giudizio, comunque, rimane molto positivo, in quanto il corto è godibile e interessante. Particolare la scelta dello stile espressivo (anche se per certi versi mi ha lasciato perplesso) e davvero degna di nota l’interpretazione di Francesco Malcom, straordinariamente espressivo e perfettamente a suo agio. Molto interessante anche l’uso degli altri attori, scelti, diretti e “mostrati” con grande fisicità, grande impatto, grande presenza: se il corto si regge bene senza emettere un suono è anche grazie alla loro presenza scenica tutt’altro che banale o scontata, e alla capacità del regista di valorizzarli.
Ma perché non si dica che sono troppo buono, passiamo un attimo alle mie perplessità.
Per prima cosa la scelta stilistica. Buona, curata, solida, sia per quel che riguarda il video che la colonna sonora…eppure a volte ho avuto l’impressione di uno spreco di potere: in fondo la storia di questo corto è assurda, surreale, con delle parti molto ironiche; ma lo stile non asseconda questa vena allegra, continuando a marciare imperterrito anche quando il registro narrativo cambia. Abbiamo sempre lo stesso bianco e nero, la stessa musica ossessiva, “rumorista”, che non ci aiuta a capire se dobbiamo ridere o star seri, tanto che tutte le direttive ce le danno soltanto gli attori, a volte – paradossalmente – contraddicendo quello che lo stile sembra voglia comunicare. E’ solo una mia impressione? Così come “esagerate” appaiono certe inquadrature volutamente artistiche, come nelle scene in cui i protagonisti che parlano del più e del meno vengono inquadrati indirettamente attraverso specchi sparsi in giro (bello, si: ma ha senso “sprecare” inquadrature di alta classe per far dire a due personaggi che Manero ha il cazzetto piccolo? E’ come se io, per dire che ore sono a mia moglie, salissi sopra un trapezio.)
Interessante anche la scelta di raccontare una storia di perdita di voce (e di fiato) attraverso un corto muto, ma muto totalmente, muto fin dall’inizio, muto per tutti, persone e suoni. C’è solo la comparsa di una voce fuoricampo che rappresenta i pensieri del protagonista proprio quando lui perde la capacità di parlare.
E’ una scelta strana, però, difficile da interpretare, che si basa su un totale rovesciamento di ciò che è normale (anche il mondo, che appare in bianco e nero, diventa invece a colori solo quando ripreso dalla telecamera di Falcon, solo quando è finzione)…ma che non sono riuscito a capire del tutto. Se da una parte abbiamo un surreale e funzionale/originale rovesciamento di logica (il protagonista inizia a parlare proprio quando nel mondo reale perde la voce…come se perdere la voce fosse stato per lui l’unico modo possibile per recuperare il vero suono e senso delle sue parole) dall’altra mi pare un po’ troppo particolare questo ambientare tutto il corto in un mondo silenzioso…tanto che la vera perdita di Falcon non pare tanto quella della voce, bensì dell’udito.
Non so, forse sono io che non ho chiare le cose, ma credo che l’opera andasse condotta in modo diverso. La perdita della voce, la perdita del fiato, della capacità di comunicare, di dire la propria, di far valere le proprie ragioni, mi pare perda potenza se comunicata in un corto in cui sono già tutti muti. Credo che invece proprio il rumore del mondo avrebbe forse avuto maggior diritto di essere presente. O sbaglio? Bisognerebbe poter vedere l’alternativa per poter decidere… E in ogni caso il senso di soffocamento è en comunicato.
La trama: il corto è tratto da un racconto di Poe dallo stesso titolo. Ne è una sorta di rilettura in chiave moderna, di omaggio più che altro; e la traduzione in versione attualizzata non è male, soprattutto per le parti che riflettono il mondo del suo protagonista.
C’è però qualche cosa che non mi convince nel finale: nel racconto, il protagonista perdeva insieme alla voce anche il fiato, il respiro, e questo lo rendeva quasi immortale: impiccato, si accorgeva di non poter morire. Ma questo pregio aveva in sé un difetto grottesco: schiacciato da un omone e/o investito da una carrozza (non ricordo bene) l’uomo aveva arti slogati e non avendo voce non era in grado di muoversi o di comunicare a parole di essere ancor vivo, rischiando il seppellimento prematuro. In questo corto accade più o meno la stessa cosa, ma se la perdita della voce è ben evidenziata, il resto, la vera o presunta immortalità e le conseguenze della perdita del fiato sono quasi del tutto tralasciate, non comunicate chiaramente; tanto che per quasi tutto il corto pare logico pensare che la perdita, il vero problema, riguardi solo l’afonia, e che per il resto la vita di Falcon sia rimasta la stessa di prima.
Avremo un accenno alla questione dell’immortalità solo alla fine, quando Falcon “risorge” dopo essere stato evirato e strangolato dagli sgherri di Manero…”non si soffoca un uomo senza fiato,” dice. La cosa è corretta e funziona, rappresenta il colpo di scena imprevisto: ma il rischio è che la nota confonda il pubblico distratto. E, a parte il suo fingersi morto, la perdita di fiato in che modo implica che Falcon possa sopravvivere anche ad una violenta emorragia?
E per quel che riguarda il pene mozzato? Se lo farà riattaccare? Se lo riattacca da solo? E la questione dolore? Beh, forse possiamo fare finta che Falcon sia diventato davvero un immortale, o una sorta di zombie. E dulcis in fundo: se Falcon è stato seppellito o murato nel mausoleo di famiglia, come ha fatto a tirarsene fuori? Come è uscito dalla bara? Che ne ha fatto dei corpi dei due sgherri che ha ucciso?
Insomma, a scavare più a fondo si notano imprecisioni piccole, di certo non essenziali alla maggiore o minore riuscita del corto, e che cito solo per esaminare a fondo la storia. IN fondo il corto va preso per ciò che è senza esasperare troppo la pretesa di realismo, e godendosi gli elementi surreali e grotteschi che contiene.
In definitiva, il prodotto è molto buono, davvero professionale, ben fatto, ben girato, sagace, intelligente e maturo. Personalmente avrei tolto gli specchi, dato più importanza al registro narrativo, cambiato l’approccio nell’uso del muto (ma queste sono scelte artistiche personali) e circoscritto meglio i nuovi “poteri” di Falcon; ma a parte questo, l’opera si può dire ben riuscita.
Complimenti a tutti, al regista per la tecnica (Anche se io l’avrei tenuta più sotto controllo) e le scelte stilistiche… e doppi complimenti a Francesco Malcom, veramente abile e disinvolto, ottimo in tutti i sensi. Se il corto è bello lo si deve anche al suo abilissimo contributo.
PS: Voce Narrante Pensieri sensata, ma a tratti poco espressiva. Ci voleva più coinvolgimento.